lunedì 18 febbraio 2008

Un commento su "La Sinistra L'Arcobaleno"

Appartengo alla generazione del riflusso, quella che in gioventù ha combinato poco o nulla. Di quel tempo ricordo la scarsa fiducia nelle forme di politica organizzata, lo stridente contrasto con le generazioni precedenti, che avevo conosciuto in mio padre, partigiano e comunista, in mia sorella anarchica, che da piccolo mi cantava la ballata del Pinelli o le canzoni di Lolli e Guccini. Nel mio giro di amici ci passavamo gli scritti del Che, le cassette dei cantautori, altri libri militanti... Però l'impegno era confinato ad una dimensione individualista o amicale; le azioni, quasi goliardiche.
Di mentalità anarchica (intendendo l'anarchia, citando De Andrè, come una categoria dello spirito che prescinde da rigidi dogmatismi o da meccanismi di appartenenza), non sono mai andato a votare fino al 2001. Poi arrivò Genova, e tutto quello che ne è seguito, sul piano personale: l'impegno di mediattivista, “persino” l'iscrizione a Rifondazione. In me si era smosso qualcosa, era nata l'esigenza – ingenua e per certi versi presuntuosa – di "fare qualcosa", sull'onda un po' guevarista di recuperare la capacità di provare indignazione di fronte alle ingiustizie.
Oggi non sono certo contento di quanto ho visto fare o dire da Rifondazione e dalla sinistra. Più ancora, mi sento tradito, quasi più nel metodo che nel merito. Questo perché, lasciando stare il disastroso bilancio del “non realizzato”, ho trovato imbarazzanti certe dichiarazioni, sugli avvicendamenti De Gennaro-Manganelli, sul decreto espulsioni, tanto per citare due esempi.
La preoccupazione del partito sembra però essere il nuovo soggetto politico e la sua salute elettorale: con questo approccio abbiamo già perso; e si tratta di una sconfitta sul piano culturale, che non muterà anche con un responso elettorale lusinghiero. Per qualcuno il mal di pancia sarà forte, ma la maggior parte credo metterà la croce sul simbolo, non è questo il punto: quel che rimprovero al partito non è solo il non aver ottenuto quanto atteso dalla nostra gente, quanto il non volersi assumere la coresponsabilità nel fatto che durante il governo dell'Unione abbiamo assistito addirittura ad un arretramento su quegli obbiettivi. Siamo partiti sperando nei Pacs, abbiamo visto affossare i DiCo e oggi addirittura ci troviamo a difendere la 194.
Quel che non posso perdonare al gruppo dirigente è non tanto (o non solo) l'aver contribuito ad affossare le speranze di una generazione, quanto il non volerlo riconoscere. Se dico questo non è per cercare una frase ad effetto. Fortunatamente, le speranze non sono come le vite: le vite, una volta spezzate, non ritornano; le speranze sì. Ne vedremo  crescere di nuove, o vedremo ricrescere le vecchie sotto altre forme, ma non lo faranno "con" la Sinistra Arcobaleno o "grazie" ad essa.
Una volta ho parlato con un vecchio, saggio e semplice compagno, che aveva fatto il partigiano. Mi disse semplicemente "nella mia vita ho mangiato molta minestra grama: capisco se mi chiedono di mangiarne ancora. Ma m'incazzo quando cercano di convincermi che quel che mi propongono oggi non è minestra ma caviale e champagne".
Penso che quel vecchio compagno avesse ragione, e se darò il mio voto alla Sinistra Arcobaleno sarà solo perché non voglio consegnare alla residualità un patrimonio di valori in cui credo, ma nella convinzione che il parlamento sia un aspetto della vita pubblica, e neppure il più importante. E' nella società che chiedo al partito di riprendere le nostre battaglie; ed è nella società che chiedo al partito di riconoscersi, allo stato, sconfitto, senza vendere la nuova operazione politicista come fosse qualcosa di "alto", e non l'ultimo tentativo di non sprofondare nell'abisso.

Nessun commento:

Posta un commento