martedì 9 agosto 2016

Sul Bordo di Ogni Cosa

(Per i più curiosi: questo è il racconto a cui accennavo qui. Alla fine, ho deciso di pubblicarlo…)
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Era un enorme pupazzo di neve. Aveva due bottoni come occhi, una carota come naso. Un solco a spicchio di luna era il suo immobile sorriso, due lunghi rami le braccia.
Non ricordava neppure da quando fosse stato posato lì, sul Bordo di Ogni Cosa. Ma lì stava. Da talmente tanto tempo che si era convinto che quello fosse il suo posto.
Sempre da tanto tempo non parlava con nessuno. Così fu sorpreso (ma la sorpresa non fu l’unica emozione) quando vide la bambina.

La bimba era bella come sono le bambine nelle fiabe. E sapeva di esserlo, ma non le importava.

“Cosa fai qui?”, chiese al pupazzo.

“Non lo so, ma so che è il mio posto”, lui rispose. “A te cosa sembra che io faccia?”

“Mi prendi in giro?”

“No. E’ che mi sembra che tu possa saperlo. Altrimenti non saresti qui.”

Lei sorrise. Anche il pupazzo di neve avrebbe voluto allargare il proprio sorriso, ma non poteva farlo. La bimba gli sistemò il bottone che gli faceva da occhio destro e lui ringraziò.

“A me sembra che tu stia facendo la guardia. A cosa, non so.”

“Se è così, sono stanco di farlo. Ma, come puoi capire, non posso andarmene.”

“E questo ti rende triste?”

“Un pupazzo di neve non può essere triste. E’ così che ti sembro?”

“Sì, un sorriso non m’inganna. Ma forse ho un rimedio. Vieni: dobbiamo andare alla Piana degli Eroi. Lì potranno aiutarti.”

Lui guardò l’Abisso del Grande Buio. Ed ebbe paura. Non lo disse, ma lei capì.

“Non temere”, disse salendogli in groppa. “Devi solo lasciarti scivolare. Ti guido io.”

“Sei sicura di saperlo fare?”

“Dobbiamo provare per saperlo.”

Il pupazzo non riuscì a capire per quanto scivolassero verso il fondo. E neppure a vedere, perché nella discesa i due bottoni si spostarono sulla sommità del capo, così poté fissare solo il cielo per lunghi istanti. Giunti sul fondo, la bimba gli sistemò ancora i due bottoni sugli occhi.

Il pupazzo era stupito di essere in grado di camminare (“Ma non t’illudere, può riuscirti solo qui”, lei gli spiegò). Così, oltrepassata la Vallata dei Ciuffi di Capelli Biondi, giunsero al limite della Piana degli Eroi.
Qui trovarono 3 uomini robusti, vestiti come soldati. Quello al centro era il capo, era chiaro dalle onorificenze appuntate sulle sue spalle. Infatti fu lui a parlare.

“E’ proibito proseguire, se non ci sconfiggete. E non mi sembrate in grado di farlo.”

“No, non saremmo in grado. E neppure vogliamo provarci. Ma è nostra intenzione proseguire: vogliamo parlare col vostro Re.”

Se il Comandante fu stupito dal coraggio della bambina non lo diede a vedere. La sua voce non dimostrò neppure ammirazione o altro.

“Seguiteci dunque. Vi porto dal nostro Re. Ma sarete nostri prigionieri.”

Il viaggio non fu lungo. Ma il pupazzo avrebbe sudato, se avesse potuto, perché aveva paura. Non lo diede a vedere, perché non è così che fanno i pupazzi di neve. Inoltre, con la bambina al fianco si sentiva comunque più sicuro.

Il Re era al centro della piazza. Si distingueva dal Capo dei soldati per la stazza, ancora più imponente. E poi era seduto su un trono e portava una corona: così sono i re.

Fece cenno al Capo dei soldati di fermarsi.

“Voi due venite avanti”, disse alla strana coppia. “Non avevo mai visto una bambina assieme a un pupazzo di neve parlante.”

“Anch’io non avevo mai visto voi Eroi. Sembrate creature interessanti. Allora, invece di tenerci prigionieri, perché non ci raccontate qualcosa di voi?”

E il Re lo fece, spiegando molte cose, di lui e della popolazione su cui regnava.

“E’ nostra usanza che a una cortesia si risponda con una di uguale natura, se volete tornare liberi”, disse infine. “Anche voi sembrate creature interessanti. Raccontateci dunque qualcosa”.

“Io sono solo un pupazzo di neve. Da che ricordo, sono sempre stato in piedi sul Bordo di Ogni Cosa. Questa bimba sostiene che sono un guardiano. Forse lo sono davvero, ma di cosa non so.”

“Anche questo è curioso, sì”, rispose il Re. “Ma non è abbastanza come offerta. Spero che tu, bambina, abbia di meglio…”

“Potrei regalarti un segreto: io conosco il segreto della vita, cosa c’è dopo e tutto quanto. Ma non dovrai mai dirlo a nessuno.”

Così glielo rivelò. E lui rispettò sempre la consegna del silenzio.

Parlarono ancora. Alla bimba piacque la saggezza del Re e lui fu sorpreso dalla sua.

“Sei decisamente una creatura come non avevo mai incontrato”, le disse. “Ma il tuo compagno… Credimi, gli farei mozzare la testa dal collo, se non fosse chiaro che tu tieni a lui. Inoltre, temo sarebbe inutile, vista la sua natura…”

“Ti ringrazio per il rispetto che dimostri nei miei confronti. Ma ti sbagli su di lui: ha un grande cuore dentro. Ma niente che riesca a scaldarlo.”

“Vorresti dunque sapere se qualcosa glielo può scaldare? Posso rivelarti anche questo. Ma il prezzo da pagare è alto, è bene che tu lo sappia.”

La bimba si limitò ad annuire: lo immaginava. Il Re le si avvicinò e sussurrò qualcosa che solo loro poterono sentire.

Al termine del colloquio la bimba disse solo “sì”.

Il Re non l’accarezzò. Forse avrebbe voluto farlo. Di certo, anche per i curiosi appostati nelle file più lontane della piazza fu chiaro (e sorprendente) che, per la prima volta da quando potessero ricordare, il loro Sovrano era scosso.

“Ora sai cosa fare, se questa è la tua scelta. Buona fortuna a entrambi.”

Bastò un battito di ciglia. La bimba chiuse gli occhi e poi li riaprì. E davanti tutto era cambiato.
I due compagni erano tornati sul Bordo di Ogni Cosa.

“Cosa ti ha detto il Re?”, chiese il pupazzo.

La bimba non rispose. “Credi di potermi sostenere, con i tuoi rami?”

“Penso di sì.”

Allora lei salì sulle braccia di rami, e lui la sostenne come fanno i mariti con le proprie spose.
Lei gli accarezzò il viso e gli sistemò per un’ultima volta gli occhi. Sembrò volergli dire qualcosa mentre chiudeva i propri. Ma lui non seppe mai quali parole fossero morte su quelle labbra.

Il corpo della bimba era leggero come il ricordo di una promessa. E lui non voleva farlo cadere a terra. Così resistette più che poteva, mentre piano piano si scioglieva, e riuscì a deporre dolcemente il corpo a terra, sul Bordo di Ogni Cosa.

Il pupazzo, invece, si disperse in rivoli d’acqua, che cominciarono a scorrere lungo il pendio. Mentre scivolavano sul fondo, il sole giocò, come solo lui sa fare, con alcune gocce d’acqua, illuminando con pochi raggi l’Abisso del Grande Buio. Ma solo per un istante.

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(Ispirato, molto liberamente, a “Winter’s Tale”, episodio di Miracleman scritto da Neil Gaiman e disegnato da Mark Buckingham)