martedì 16 maggio 2017

“Campana”, di Simone Lucciola e Rocco Lombardi





Provo sempre un po’ di imbarazzo a parlare del fumetto di un amico. E’ però vero che scrivere recensioni non è una mia professione (né, a dire il vero, una mia passione) e che il mondo del fumetto è un microcosmo in cui si finisce col conoscere altri artisti, stringere amicizie, interessarsi proprio dei lavori di qualcuno con cui hai creato un rapporto che va al di là della conoscenza professionale…
Insomma, un lungo pippone per dire che, sì, ho letto “Campana” perché mi incuriosiva la figura del protagonista, ma pure per l’amicizia che mi lega a Simone Lucciola (autore assieme a Rocco Lombardi di questo fumetto, uscito per Giuda edizioni nel 2011). Ad attestare che l’affetto per Simone non influenza questa “recensione” (meno pomposamente: un commento e un consiglio di lettura) c’è solo la mia parola: non è molto, l’ammetto, ma non posso produrre nulla di più.

E’ probabile che, fra quanti stanno leggendo, molti non conoscano Dino Campana (1885 – 1932). Credo che per lui qualsiasi definizione finisca con l’essere un’etichetta vaga e incompleta, considerata la sua complessa “natura umana”. “Poeta maledetto” è null’altro che una di queste vaghe etichette: valida, tutto sommato e con tutti i limiti di ogni “etichetta”, per capire almeno a che tipo di narrazione ci stiamo avvicinando.

Simone e Rocco hanno realizzato un’opera originale, a cominciare dallo stile grafico (a 4 mani). Una scelta in cui si alternano, fondendosi però in un’unica piacevole lettura, il segno pulito del primo e quello più allucinato di Rocco.
Ma forse qui devo correggermi: parlo di “un’unica piacevole lettura”, ma il nostro caso è diverso. Coerentemente con l’arte, la poetica e la vita stessa del protagonista, il lavoro di Rocco e Simone è innanzitutto da “guardare” prima ancora che da leggere. Un fumetto “visivo” – più che “visionario” – che restituisce non tanto, o non solo, una biografia sofferta, ma pure l’intensità delle creazioni di Campana.

“Campana” non è, infatti, una biografia a fumetti (anche se nel volume risulta evidente l’attenta ricerca documentale degli autori), ma un viaggio attraverso l’esistenza del poeta, i suoi versi, i luoghi visitati… Anche le immagini oniriche delle sue liriche sono efficacemente evocate dalle tavole di Rocco e Simone.
Leggere questo fumetto è come percorrere un viaggio, solo in parte “fisico”, finendo attirati in un vortice psichedelico di immagini e testi. Che sono poi il viaggio e il vortice di un uomo che aveva trovato nella poesia non tanto la propria forma di espressione, ma l’unica ragione di vita.
E’ un percorso, quello tracciato da Simone e Rocco, volutamente non lineare, ma non per questo meno razionale: forse, anzi, l’unico metodo per rendere su carta l’esplosione delle liriche di Campana, i suoi conflitti interiori e, al tempo stesso, la sua breve esistenza. Un percorso in cui ci si perde, se si cerca un ordine, ma è l’unico percorso possibile, proprio perché si tratta di una storia che “rifiuta l’ordine” e che deve essere fruita come una sorta di mosaico in cui ogni tassello può acquisire un diverso senso a seconda di quello a cui viene accostato… E Campana stesso emerge come una sorta di archetipo dell’artista libero (libertario?) che rifiutava ogni convenzione, sociale quanto artistica, giocandosi probabilmente ogni possibilità di essere davvero riconosciuto dai suoi simili, nella sua epoca, e condannandosi alla marginalità (anche qui: tanto sociale quanto di “riconoscimento letterario”, all’epoca).

A concludere questa “recensione”: a chiudere il volume, un pregevole apparato redazionale di Simone restituisce al lettore una dimensione più filologica e biografica del protagonista.

Francesco “baro” Barilli