mercoledì 1 ottobre 2008

“Il vento contro” e gli altri romanzi di Stefano Tassinari

Ho appena finito di leggere l’ultimo romanzo di Stefano Tassinari, “Il vento contro”. Un titolo che mi fa venire in mente un verso di una canzone di De Andrè, “per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”. Credo che quelle parole tratte da “Smisurata Preghiera” racchiudano il senso di questo libro e, in generale, del lavoro di Stefano.
Prima di parlare del suo ultimo romanzo, una carrellata sui precedenti, partendo da una breve riflessione: Tassinari non solo scrive libri molto belli, ma sa trovare titoli ancora più belli ed evocativi.

Ne “L’ora del ritorno” viene raccontato un fatto inventato ma solido nel suo impianto storico. Il protagonista, Eugenio Accorsi, è un vecchio partigiano di sinistra, eretico e sospettato nel suo ambiente per l’essere sopravvissuto a un’azione in cui morirono tutti i suoi compagni. Solo al capodanno del 2000 scoprirà la verità, rivelatagli dalla figlia Luisa.

“I segni sulla pelle” è un lavoro che ripercorre e tenta di mettere ordine nella ridda di notizie che movimentò il tardo pomeriggio del 20 luglio 2001, quando (poco dopo l’uccisione di Carlo Giuliani in Piazza Alimonda) filtrò la notizia, presto finita nel nulla, di una possibile seconda vittima degli scontri genovesi. Stefano, nel suo romanzo, cercò di dare una spiegazione logica a quelle ipotesi (potete leggere una lunga chiacchierata fra me e l’autore, la trovate qui).

Ne “L’amore degli insorti” protagonista è ancora un personaggio di fantasia. Emilio Calvesi, affermato professionista, è un uomo con alle spalle un passato nella lotta armata degli anni ’70. Ha saputo, per usare una formula retorica, “rifarsi una vita”, ma vedrà il proprio passato tornare a tormentarlo inaspettatamente, sotto le forme di una persona che, a più di vent’anni dai fatti, lo metterà di fronte alle sue scelte passate.

Se i precedenti romanzi erano tutti basati su fatti o contesti storici reali e tratteggiati rigorosamente, ma con l’ausilio di personaggi di fantasia, ne “Il vento contro” pure il protagonista è realmente esistito. Si tratta di Pietro Tresso, detto Blasco, figura storica del Partito Comunista d’Italia. Questo romanzo in parte richiama tematiche presenti ne “L’ora del ritorno”, ossia il destino degli “eretici” comunisti, di quei compagni che spesso furono trattati dai propri vertici di riferimento alla stregua di nemici, più pericolosi degli stessi fascisti.
Devo confessarlo: proprio questo evidente amore per gli eretici, per chi “naviga in direzione ostinata e contraria” (per citare nuovamente De Andrè) è un fattore che mi fa amare particolarmente i lavori di Stefano, facendoli sentire vicini alla mia sensibilità. Pure io, in scala più modesta, ho cercato di occuparmene. Penso a Emilio Canzi, di cui ho già parlato qui.

“Il vento contro” ricostruisce gli ultimi giorni di vita di Tresso e dei suoi compagni, in tutto quattro militanti trotskisti trattati come nemici dai propri carnefici (partigiani anch’essi, ma di rigorosa fede stalinista). Una vicenda atroce non solo nel suo svolgimento, ma pure nella sua successiva rimozione dalla memoria storica della Resistenza.

Avrei altre cose da dire, ma vi farei solo perdere tempo. Preferisco chiudere con un consiglio: andate in libreria e recuperate i libri di cui ho parlato. Leggerete dei racconti interessanti e, contemporaneamente, riscoprirete pagine di storia rimosse e dimenticate. In fondo è questo che la letteratura, quando “impegnata” dovrebbe proporsi come obbiettivo.

Francesco “baro” Barilli

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