domenica 20 gennaio 2013

Misunderstanding

Al signor G. Da lui, a modo suo, l’ho avuto. 
A lui, a modo mio, lo restituisco.

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… Cos’è stato quel clic? Ah, la cassetta è finita, aspetti che la giro. Registra tutto, come si vede nei film. Bravo, mi sembra un atteggiamento serio e professionale! Guardi però che ci sono mezzi un po’ più moderni per registrare, eh? Non voglio farmi i fatti suoi, ma insomma…
Dove eravamo rimasti l’altra volta? Sì, le dicevo che dopo quel che m’è successo tutta la mia vita avrebbe bisogno di un lifting. Proprio tutta, dal primo vagito in poi. Comprese le idee. Che poi le idee per noi uomini sono come i genitali per i gatti: ce le lecchiamo per un po’, poi ci stufiamo e le lasciamo lì. Inerti…
Bisognerebbe, almeno ogni tanto, riuscire a fare una cosa inaspettata. Come un attore che per una volta reciti improvvisando, uscendo dal copione e sorprendendo se stesso, il regista, il pubblico. Capisce? Ma cosa glielo dico a fare, “capisce”, certo che capisce! E’ intelligente, è il suo lavoro. E poi la pago per quello. Oddio, la pago… A dire il vero mica la pago io direttamente. Come lo chiamano? “Supporto psicologico per le vittime dei reati”. Gentile lo Stato, almeno a qualcosa serve.

Ha le dita un po’ viola. Aspetti, le allento le corde. Così va meglio, vero?

Le dicevo che dovrei sottoporre la mia vita a un lifting. Bella l’espressione, no? La può utilizzare con altri pazienti, faccia pure, non me la prendo. Anzi, ne sarò contento. Il punto è che, per quanto mi riguarda, fare una revisione critica della mia esistenza è un bel casino. Siamo fatti della stessa materia di cui son fatti i sogni, diceva il Bardo. A volte degli incubi. E a volte di sogni che si trasformano in incubi… Ecco: il lifting, la revisione, sono termini adatti a cose fisiche (le rughe su un volto, un’automobile…). Come applicarli ai sogni? Ci vorrebbe la metafisica. La metafisica può dare spiegazioni dove la scienza fallisce, o pretende di farlo (pensi alle religioni: non sono forse la migliore dimostrazione del mio assunto?). Ma con la metafisica non si fa la psicanalisi, almeno credo.

Sto divagando dottore, mi scusi. Mi sembra irritato. Ma forse non riesce a respirare bene… Respira?
Ho visto morire un cane una volta, sa? Mi sembrava soffocare, povera bestia. Aveva un po’ il suo sguardo. Aspetti, diamo un’occhiata al bavaglio… No, non è così stretto, dai!!!
Le ho portato delle clementine. Le vendeva un camioncino lungo la strada. Sono buone, gliel’assicuro. Niente semi, pelle sottilissima, sugose. Puro nettare zuccherino. Quando si sarà liberato potrà mangiarle, le piaceranno. Non mi ringrazi, ci mancherebbe…

Ora basta, vengo al sodo.

Sì, ero in quel ristorante quand’è scoppiata la bomba. Gliel’ho raccontato la volta scorsa, ma lei non era soddisfatto. Voleva un racconto più dettagliato e completo, m’ha detto. Per capire le mie oscillazioni emotive (mi scusi: l’ho odiata quando ha usato quell’espressione).
Bene: nel locale c’era questa ragazza bellissima. Un cappello di vimini vezzoso, adornato di fiori, da cui uscivano ciocche di capelli neri che cadevano sul viso come decorazioni.  Dopo un piatto di tagliatelle ai funghi l’ho vista leggere il giornale, mentre la sua bocca indulgeva in smorfie di insoddisfazione o perplessità. Non capivo cosa fosse, ma mi sembrava terribilmente altezzosa e sexy. Forse le smorfie servivano a quello.

L’altra volta m’ha chiesto cos’ho provato quando… Ho risposto che gliel’avrei detto oggi. La risposta più sincera è “non lo so”. So cosa penso d’aver provato, ma non ne sono sicuro. Niente di particolarmente intelligente; nemmeno segnato da partecipazione o sentimenti particolari. In quei momenti non si prova nulla, tutto qui. Si diventa qualcos’altro, qualcosa di diverso da sé.
Il botto mi ha stordito, più che spaventarmi. Anzi, spaventato non lo ero per niente. Non so come reagiscano altri, ma io mi sono trovato subito a cercare di razionalizzare, a capire se ero ferito o se, come mi resi conto subito, ero tutto intero.
Quella ragazza che avevo visto (e che, non glielo nascondo, anche alla mia età m’aveva attirato) veniva verso di me. Il cappello era volato via e di quelle ciocche nere ne era rimasta una sola, bruciacchiata come il resto del volto. L’esplosione le aveva lacerato la camicetta, il tronco era nudo, ma non c’era più nulla di sensuale in quel petto scarnificato. Il braccio destro era stato strappato via poco sotto il gomito. Ma la cosa peggiore era lo squarcio nella gola. Fece qualche passo verso di me. Non so quale forza la tenesse in piedi, poi s’accasciò all’indietro.
Mi avvicinai. Dalla bocca non potevano uscire parole, solo un grottesco gorgoglio di suoni. E sangue che la stava soffocando. Ma gli occhi imploravano quasi con violenza un aiuto che nessuno, tantomeno io, poteva darle. Mi sentii sollevato quando spirò fra le mie braccia…
Qualcuno ha parlato di follia criminale. Lo si fa sempre in queste occasioni. Ma non c’era nulla di folle, anzi… Una lucida e crudele volontà aveva progettato quell’attentato in cui erano morte 7 persone. Una di queste l’avevo vista trasformata, sempre da quella crudele volontà, da donna bellissima in un osceno manichino che pretendeva aiuto da me.
Ero irrazionalmente infuriato con quell’atroce creatura. E pieno di vergogna per la mia (questa sì: folle!) inumanità, che nessuno stato di shock può giustificare (quindi lei non ci provi nemmeno!). E pieno di rabbia verso chi aveva voluto tutto questo.

Quando morì mia moglie, due anni fa, io ero al lavoro. Però non stavo lavorando, stavo giocando al “campo fiorito” di Windows… Dicono che quando succede qualcosa di brutto a una persona a cui vuoi bene dovresti sentire qualcosa. Un brivido, un presentimento. Io no. Mentre mia moglie si aggrappava al corrimano delle scale colpita dall’infarto io facevo il quadro intermedio del campo fiorito in 36 secondi.
Prima che chiudessero la bara ricordo di averle sfiorato la fronte per un ultimo bacio. Il profumo dei suoi capelli mi entrò dentro e non mi ha più lasciato. Quel momento, anche se terribile, diventò così qualcosa di tenero, a cui posso aggrapparmi ancora. In quell’istante capii cos’era e cosa sarebbe rimasta, per me, mia moglie: il profumo del mio ricordo più bello.
Ma non piansi. Neppure al funerale. Giorni dopo mi venne in mente lei che mi faceva la mela grattugiata. Perché a me piaceva, come a un bambino, e lei me la faceva perché mi piaceva, anche se non sono più un bambino da un pezzo. Allora piansi, capisce? Per il ricordo di lei che grattugia una mela, aggiunge due cucchiaini di zucchero e poi me la passa con un sorriso. E per il pensiero che nessuno avrebbe mai potuto capire quel che io non saprò mai spiegare. Sarebbe come trovare l’algoritmo dell’amore, il bosone di Higgs dei sentimenti…
Piansi per il ricordo di mia moglie che grattugia una mela, per il senso di colpa di aver fatto 36 secondi in un gioco mentre moriva. Non ho più mangiato una mela grattugiata o giocato a “campo fiorito”. Non tutte le espiazioni sono proporzionali alle colpe a cui si riferiscono. Al massimo si rapportano al nostro personale senso di colpa, che è un’altra cosa…

Piansi anche con quella ragazza fra le mani. Ma non per il dolore. E nemmeno, solo, per la rabbia. Piansi e basta, non so perché.

Cos’ho provato, cosa provo? Un dolore continuo e pungente, come un dente guasto. Non lo posso spiegare meglio. Voi analisti ignorate, della natura umana, il lato più importante: il saper sfuggire a ogni tentativo di incasellamento. Ma lo sa che per alcuni filosofi il presente non esiste? Perché, se ci pensa, l’istante in cui faccio un’affermazione – il mio presente – nel momento in cui lei l’afferra e la fa sua diventa il suo presente – e il mio passato. E già questo complica tutto: lei mi chiede di qualcosa che per me è stato reale, ma ora, in una certa misura, è irreale

Capisce, è tutto un fraintendimento. Un misunderstanding direbbero gli inglesi. Io non amo usare termini stranieri per esprimere concetti definibili benissimo in italiano. Ma se ci fa caso quella è una parola bellissima, con i suoi riccioli fonetici, con quelle lettere che sembrano formare montagne russe con le sillabe. E’ come il prisencolinencinanciusol di Celentano, un termine “che dà l’idea”.

Le basta per capire le mie oscillazioni emotive?

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