venerdì 14 febbraio 2014

Riflessione sul web: una risposta a Diego Cajelli

Diego Cajelli ha recentemente scritto una interessante e ben argomentata riflessione (“si stava meglio con il 56k?”) sul suo blog. Non la riassumo, vi invito a leggerla: è lunga ma va letta tutta.
Peraltro, essendo anch’io notoriamente prolisso, condivido innanzitutto l’incipit di Diego, in cui sottolinea il malvezzo (ormai assai diffuso, e non solo in internet…) di leggere solo post brevissimi o l’inizio di post più lunghi. Aggiungerei a questo malvezzo quello, a mio avviso intellettualmente ancora più pericoloso nonché paradigmatico dei tristi tempi in cui viviamo, di scrivere su qualsiasi argomento NON delle riflessioni, ma brevi “sentenze”, come se si potesse racchiudere ogni esperienza in 140 caratteri… Come se le infinite possibilità di internet concretizzassero NON l’aspirazione a riflettere su un dato argomento, ma bensì il poterlo sintetizzare con aforismi da Baci Perugina (nella migliore delle ipotesi) oppure con frasi di feroce sarcasmo (nella peggiore). Insomma: si è passati dalla banalità del male alla malvagità del banale…

Quindi, ripeto: leggete il pezzo di Diego. E pure il mio non sarà breve.

Eccoci dunque alla riflessione di Cajelli. Che, in sostanza, lamenta la vera e fattuale ricaduta di internet nelle nostre vite, ben lontana da quella che poteva e doveva essere in teoria e potenzialità. Ossia: internet è un mezzo che poteva cambiare il mondo, non tanto per i soli e oggettivi “orizzonti tecnologici” che dischiudeva, ma perché aveva in sé le potenzialità per favorire una socializzazione diversa e globalizzata (diffondendo sapere e cultura, tanto per semplificare). Alla prova dei fatti (e, preciso, per quanto è possibile vedere oggi) Diego si sofferma in particolare sulle “bufale via web” e dice: “la nostra esistenza reticolare nel mondo è fatta di bufale, di minorati mentali che girano video con migliaia di visualizzazioni, di scie chimiche, di complottisti geotaggati e di like che se vuoi puoi anche comprarli. Tim Berners-Lee e Robert Cailliau si sono dimenticati un pezzetto fondamentale della loro equazione: non hanno considerato come gli utenti avrebbero usato il web.”

Tutto sicuramente triste. E vero.
E l’analisi di Diego è condivisibile (in parte: vedremo poi perché) mentre la soluzione che propone (forse solo provocatoriamente: una censura/chiusura di certi siti) mi sembra un rimedio peggiore del male.

Allora: ho già detto d’essere prolisso (come Diego). Probabilmente con lui condivido anche una naturale tendenza alla nostalgia. Lo dico “a naso”, non conoscendolo se non “virtualmente”, ma sta di fatto che pure io ricordo con nostalgia i “bei tempi” di un web più ristretto e meno diffuso, in cui si poteva commentare il mondo e – persino – sembrava di poterlo cambiare. E non starò a ripetere quanto ho già detto troppe volte in passato sull’importanza del web nel far venire alla luce i fatti di Genova 2001. Quelli che, chi mi conosce lo sa, mi hanno spinto a scrivere. Ma questa, come dice Lucarelli, è un’altra storia…
Sì, è vero, quell’internet fatto di “pochi eletti” era un salotto in cui scambiare opinioni arricchendosi vicendevolmente, non la bolgia sguaiata di oggi. Ma la “gggente” (come dice Diego) che ha sconvolto quella sorta di Eden sul web di prima generazione non è nata dopo. Era sulla soglia, in attesa di poter entrare nel salotto che credevamo nostro. Per essere più brutale: la “gggente” era già in agguato. La semplificazione tecnologica che ha portato a far sì che la “vita on line” sia accessibile a tutti è solo il mezzo che ha prodotto gli attuali effetti. Non la causa.

Io non credo si possa disgiungere un dibattito su “cos’è diventato il web” dal tema, a mio avviso più interessante e importante per quanto sottaciuto, su cos’è diventata la società (almeno quella italiana) dopo almeno trent’anni di pessima politica, cattiva ed asservita informazione, progressiva deconsiderazione di tutto ciò che è cultura. Almeno qui in Italia l’effetto è stato devastante e riverbera sul web. Non ho abbastanza conoscenze e competenza per esprimermi su altri Paesi, ma penso stiano un pizzico meglio: ad altre latitudini il web è temuto perché costruisce opposizione sociale (o addirittura rivoluzioni), produce pensiero “critico”; da noi serve per esprimersi su Sanremo o X Factor.

Tornando alla riflessione di Diego: una chiusura o censura del web (o di certi siti) potrebbe essere davvero la soluzione (al di là della mia idiosincrasia verso ogni forma di limitazione della libertà)? Ma, soprattutto: televisioni, giornali, editoria... stanno davvero meglio del web???

Diego ricorda che “L’omino nella foto che apre questo post una volta ha detto: Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà una verità.”
“L’omino” era Joseph Goebbels, gerarca nazista. Può essere dunque utile ricordare cosa diceva un altro gerarca nazista (Goering) dei pacifisti: “Naturalmente la gente comune non vuole la guerra … Ma, dopotutto, sono i governanti del paese che determinano la politica, ed è sempre facile trascinare con sè il popolo, sia che si tratti di una democrazia, o di una dittatura … Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre portato al volere dei capi. E’ facile. Tutto quello che dovete fare è dir loro che sono attaccati, e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e in quanto espongono il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in tutti i paesi.”

E’ tragico, più che triste, citare due gerarchi nazisti per rilevare quale sia la logica del potere (e di chi lo gestisce) e notare quanto poco sia cambiata. Sono cambiati i mezzi, certo, non la prospettiva. E non è mutata l’antipatia innata del potere verso il libero pensiero e tutto ciò che può produrlo. Se una volta questa innata antipatia creava censura, oggi genera (anche) lo svilimento di quei mezzi, tra cui internet, dove il libero pensiero potrebbe circolare.
Un web dove prosperano bufale e castronerie è assai utile, per questi fini. Ma chiuderlo o censurarlo non sarebbe la soluzione, quanto il segno di una sconfitta.

Francesco “baro” Barilli

4 commenti:

  1. Caro Baro, faccio un mestiere per il quale ci si ferma poco a pensare ai bei tempi che furono (il che non è sempre "salutare", il fermarsi poco intendo).
    Però ti assicuro che il web è sempre stato specchio della società. E a dispetto di quello che dice l'interlocutore al quale rispondi le bufale, le catene moleste, gli idioti ci sono sempre stati. Ora è solo più evidente perché rilanciati dai media ufficiali (che per inciso sono in conflitto d'interessi visto che il web toglie risorse/contatti/profitti alla stampa ed in minima parte anche alla tv) con toni apocalittici e panzane (http://www.wired.it/internet/web/2014/02/14/contrordine-il-cyberbullismo-non-spaventa-il-70-dei-ragazzi/) e dalla politica con toni apocalittici ed idiozie (http://www.valigiablu.it/odio-insulti-web-e-gli-annunci-fuffa-della-politica/). Insomma, come sempre, la realtà (anche in rete) è più complessa. M

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  2. Solo una precisazione:
    Joseph Goebbels non era "un" gerarca nazista, era il Ministro della Propaganda nazista e, al momento non ricordo bene se il n.2 o il n.3 del regime (l'altro era Goehring).

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  3. Grazie e Marco dell'intervento e a Francesco della (giusta) precisazione. Peraltro è corretto sottolineare la "qualifica" (ministro della propaganda), visto che si stava parlando - appunto - dei modi in cui il potere influenza l'opinione pubblica.

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  4. Caro Diego, speravo di trovare il tempo per risponderti meglio, invece… accontentati di queste poche righe (“poche” per la mia abitudine…).
    Concordo con quanto dici. Sull’esempio de Il Lercio, dammene atto, non sono fra quanti si sono soffermati. Non m’interessava: il tuo ragionamento era più ampio e articolato, e comunque hai spiegato bene cosa intendevi. Peraltro, pure la mia riflessione era più ampia, e solo in parte sovrapponibile all’argomento che trattavi tu. Lo dicevo quando ho scritto “non credo si possa disgiungere un dibattito su “cos’è diventato il web” dal tema, a mio avviso più interessante e importante per quanto sottaciuto, su cos’è diventata la società (almeno quella italiana) dopo almeno trent’anni di pessima politica, cattiva ed asservita informazione, progressiva deconsiderazione di tutto ciò che è cultura. Almeno qui in Italia l’effetto è stato devastante e riverbera sul web”.
    Forse la mia riflessione era diversa proprio perché la mia vita “real” e quella “social/digitale” faccio di tutto per tenerle separate… E per far sì che di quella on line io possa afferrare solo i lati migliori. Non so se sia un pregio: sicuramente è uno sforzo di cui finora sono soddisfatto.
    Dici giustamente che quanto proponi non è censura. Lo spieghi bene quando dici “gli atti compiuti nella vita digitale di un individuo devono avere la stessa, identica, rilevanza degli atti che compie nella vita reale”. Parole sante.
    Il punto è che in questi anni ho sentito molti parlare di “regolamentare il web”. E chi lo faceva NON aveva la tua onestà intellettuale né la tua capacità d’analisi. Avrai capito che io, da anarchico, ho ben poca simpatia per le “strutture del potere”. Ma al di là della mia personale idiosincrasia verso il potere, anche sforzandomi d’essere oggettivo ho sempre visto in quegli interventi altri fini (e assai meno “nobili”): essenzialmente (e di volta in volta; anche mischiati fra loro): la voglia di un politico di intestarsi una battaglia, al di là della propria incompetenza; lotte di potere dei “media tradizionali” contro quelli “alternativi” (i primi si sentono soppiantati dal web - vedi, in proposito, quanto ha scritto Marco Trotta, intervenendo dopo il mio post in bacheca); “media tradizionali” che, peraltro, spesso rilanciano (invece di “smontare”) proprio i malvezzi del web … e altro ancora…
    Insomma, diffido non tanto dalle invocazioni a una regolamentazione, quanto dagli intenti che possono sottenderla, quando provengono dalla politica o dal mondo dell’informazione mainstream (non, quindi, quando questa invocazione proviene da te, beninteso).
    Forse la verità l’ha scritta Alessandro Di Virgilio quando dice che c’è il problema, sì, ma non la soluzione…

    PS: questa è la mia risposta al nuovo post di Diego, che potete leggere qui: http://diegozilla.blogspot.it/2014/02/si-stava-meglio-con-il-56k-reprise.html

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