mercoledì 24 ottobre 2007

Lettera aperta ai pm Andrea Canciani e Anna Canepa

Egregio Dr. Canciani, Egregia Dr.sa Canepa,
non sono d’accordo con la vostra lettura dei fatti di Genova. Questa frase voglio specificarla: non ho detto semplicemente che non concordo con le pene chieste per i manifestanti imputati per il G8 genovese, ma che dissento dall’impianto complessivo della vostra ricostruzione.
Ho letto che auspicate uguale severità per le forze dell’ordine coinvolte nella “macelleria messicana” della Diaz o nelle sevizie di Bolzaneto. Alcuni, probabilmente, vi accuseranno di cerchiobottismo; personalmente ritengo sincero il vostro auspicio, ma lo inquadro in modo persino più negativo. Tendo a riconoscere a chiunque, in prima valutazione, la buonafede; a voi la riconosco non solo per principio, ma per sincera convinzione. Siete uomini di legge, quella è la vostra bussola, e vorreste vederla applicata con rigore e inflessibilità, nei fatti di piazza come alla Diaz. Ma è una bussola strabica, e comunque insufficiente.
Io, vi confesso, non credo alla giustizia divina, ma soprattutto non credo che quella umana ne sia un surrogato. Questa giustizia terrena che rincorre codici e cavilli la vedo più come una meccanica razionale che vuole ingabbiare i comportamenti umani secondo schemi che prescindono la complessità delle situazioni. Dr. Canciani, Dr.sa Canepa, voi state cercando di misurare Genova con un metro inadatto allo scopo, di contare le colpe col pallottoliere. La vostra colpa non sta tanto nell’aver usato quei mezzi (sono i soli che avete a disposizione) quanto nel non saperne o volerne vedere l’inadeguatezza.
Accantoniamo per un momento le prescrizioni incombenti per i rappresentanti delle forze dell’ordine negli altri processi, nonché la sproporzione fra le pene richieste per i manifestanti e quelle ipotizzabili per agenti e funzionari. Si tratta di questioni fondamentali e da non dimenticare, ma rischiano di farmi usare lo stesso metro e lo stesso pallottoliere. Questi aspetti dovrebbero far riflettere più voi che me, ma non è il punto su cui voglio soffermarmi.
Da qualche parte ho letto che bisogna andarci cauti nell’attaccare la procura genovese, perché sulla Diaz o su Bolzaneto avrebbe lavorato bene, fra mille difficoltà. Ebbene, a me di difendere o attaccare la procura di Genova non interessa nulla: io voglio spostare la prospettiva con cui si dovrebbe guardare ai fatti del luglio 2001. E lanciare un allarme: non deleghiamo la ricostruzione della verità alla sola dimensione processuale. Si rischia la deriva pericolosissima di banalizzare il dibattito in termini calcistici: col processo ai 25 manifestanti si segna l’uno a zero “per gli agenti”, con quello sulla Diaz potrebbero pareggiare “gli imputati”, poi sarà Bolzaneto a far pendere le sorti dell’incontro da una parte o dall’altra.
Non ci sto, questa logica mi è aliena (oltre a ricordarmi tristemente l’esultanza di quella poliziotta che inneggiava in modo analogo alla notizia della morte di Carlo). A Genova abbiamo visto “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Questo fu il giudizio di Amnesty International, ed è un dato di partenza (e non di arrivo) per chiunque voglia affrontare i fatti del G8 2001.
Dr. Canciani, Dr.sa Canepa, ho visto troppi imputati giocare alle tre scimmiette nel processo su Bolzaneto. Non hanno visto, non hanno sentito, sicuramente non parlano. E quel che hanno visto o sentito l’hanno ritenuto “normale”. Sulla Diaz molti imputati, dall’alto delle loro poltrone (inattaccate o addirittura rese più elevate e confortevoli in questi anni) hanno addirittura snobbato il processo. I fatti di Genova sono stati banalizzati, riconducendoli a logiche di violenze contrapposte: da un lato i manifestanti che “devastano e saccheggiano”, dall’altro gli “eccessi” delle forze dell’ordine. A questa logica vi siete conformati, ma la verità su Genova non verrà data dal pallottoliere che conterà i cattivi dividendoli in due squadre e facendo la conta. Così si potrà dare soddisfazione a quella giustizia meccanica che chiuderà le sue pratiche con un’equità ipocrita, totalmente avulsa dalla ricostruzione della verità. Forse a voi basta, a me sicuramente no.

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