mercoledì 3 ottobre 2007

Ti ricordi di Emmett Till?

Caro direttore,
ti ricordi di Emmett Till? Era un bambino, era ancora un bambino. Aveva 14 anni e la pelle del colore sbagliato, quando nel 1955 due uomini dalla carnagione diversa lo rapirono. Emmett si trovava in una cittadina del Mississippi, dove era arrivato con la sua famiglia da Chicago, in visita ad alcuni parenti. Sembra che quel pomeriggio avesse azzardato un complimento verso una donna bianca, forse uno di quegli apprezzamenti un po’ grevi che, a quell’età, fanno sentire più grandi.
“Lo torturarono e gli fecero delle cose troppo malvage per essere menzionate”, cantò Bob Dylan. Io le voglio invece ricordare: lo picchiarono fino a ridurlo in fin di vita, poi gli cavarono gli occhi, gli spararono un colpo alla nuca e lo gettarono in un fiume.
I suoi assassini non furono puniti. Nel 2005 le autorità americane, in seguito a nuove testimonianze, annunciarono nuove indagini e la possibile riapertura del caso; non conosco gli sviluppi successivi.
Perché ti racconto tutto questo? Perché Federico Aldrovandi aveva pochi anni più di Emmett Till, 18 compiuti da poco, quando ha trovato la morte il 25 settembre 2005, nel corso di un controllo di polizia. Il 19 ottobre inizierà il processo contro 4 agenti coinvolti in quel “controllo”.
Fino alla sentenza non possiamo parlare di colpevolezza, ma sappiamo che Federico morì chiedendo “basta”. Come fece, probabilmente, quel bambino di Chicago che non ebbe la giustizia che – voglio sperare – avrà Federico. Aspettando la sentenza possiamo però ricordare quanto Bob Dylan scrisse proprio per Emmett Till: “Se non siete in grado di protestare contro una cosa simile, un delitto così odioso, i vostri occhi sono pieni di terra sepolcrale, la vostra mente è coperta di polvere. Le vostre braccia e le vostre gambe devono essere in ceppi e catene ed il vostro sangue si rifiuta di scorrere. Perchè avete lasciato che questa razza umana degenerasse in maniera così orribile”.

Francesco “baro” Barilli

pubblicato su Liberazione del 3 ottobre 2007. Pubblicato anche su http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/

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