Negli ultimi mesi ho segnalato tutte le recensioni scritte su Piazza Fontana (quelle a me note, ovviamente). Segnalo ora la più recente, che è pure la prima negativa (totalmente o quasi). La trovate qui; autore: Azad Lafata, sul sito Fumetto d’Autore.
Ogni critica è legittima e sugli appunti “tecnici” al libro non mi
soffermo. Azad, però, accanto a questi formula altri rilievi, che
potremmo dire “politici” o almeno “sostanziali più che formali”. Anche
questi, s’intende, sono legittimi, ma in alcuni casi mi sembra
contengano degli errori. Per questo rispondo senza coinvolgere Matteo e
soffermandomi solo su questi aspetti: non voglio trascinarlo in una
discussione che è più politica che non artistica. Poi, se anche lui
vorrà esprimere un’opinione, ben venga: come ho già detto, per Piazza
Fontana Matt è più il coautore che non il disegnatore, e soprattutto è
un amico; la sua opinione, anche fosse diversa dalla mia, sarà gradita.
Per facilitare la lettura, “quoto” qua e là la recensione di Azad; la
versione integrale la trovate al link che ho pubblicato qui sopra.
“…
ma a quarant’anni di distanza da una delle pagine più buie della nostra
storia … ci si sarebbe aspettato un approccio maggiormente avulso da
inclinazioni politiche, derive “fictionali”, e una cura maggiormente
storiografica. … quantomeno un diverso approccio rispetto a quello di
realizzare su commissione calendariale un bignami a fumetti che piacerà
anche alla Casalinga di Voghera, la quale magari alla fine della lettura
avrà anche mutuato tutte le certezze dello sceneggiatore.”
Per carità, Azad ha tutto il diritto di non saperlo, ma pensare che il
mio impegno su Piazza Fontana sia frutto di una “commissione
calendariale” è sbagliatissimo. Conosco Licia Pinelli dal 98, Franca
Dendena dal 2005, Carlo Arnoldi dal 2007. E, più in generale, il mio
impegno sulle stragi italiane non è nato ieri.
Ora, non è il caso di
elencare quanto e cosa ho scritto su questi argomenti, sarebbe
imbarazzante e autoreferenziale. Mi basta sapere che i familiari delle
vittime (non solo di Piazza Fontana) lo sanno. Aggiungo che non so se il
libro sia stato letto da qualche Casalinga di Voghera, né – nel caso –
se in questo target di pubblico abbia incontrato gradimento. So, e pure
in questo caso tanto mi basta, che è piaciuto ai familiari delle vittime
di Piazza Fontana, alla signora Pinelli e alle sue figlie. E non per
qualche processo di mutuazione delle idee.
“E poi ancora:
“La ricostruzione dell’ambientazione del convegno è di fantasia”; “In
realtà non esistono certezze circa l’identità dei partecipanti”. E
queste sono solo delle citazioni dalle note per far capire come dopo
averle lette traballano tutte le certezze che la docufiction ha
presentato al lettore.”
In questo caso può darsi che fra me
e l’autore della recensione sia nata una semplice incomprensione,
magari dovuta a poca chiarezza nelle mie note. A dire il vero le ho
rilette e mi sembravano chiare; però non posso escludere che ciò che è
chiaro a me possa essere frainteso da chi è meno informato; in questo
caso, mea culpa e vedo di spiegarmi meglio, per Azad e per tutti.
Nel fumetto io e Matteo abbiamo rappresentato scene da 2 convegni. Su
quello avvenuto fra il 3 e il 5 maggio 1965 a Roma (Ist. Pollio) esiste
una minima documentazione video e fotografica. Su quello di Regensburg
dell’agosto 69 (riunione del Fronte Europeo Rivoluzionario) non
esistono, che io sappia, uguali fonti. Quando però scrivo “ambientazione
del convegno di fantasia” alludo SOLO al contesto scenico, NON al
contenuto degli interventi. I discorsi di Rauti e Giannettini (Pollio) e
di Freda (Regensburg) sono stati ricostruiti rigorosamente. Ovviamente
sono stati tagliati, ma mantenendo la fedeltà concettuale alle parole
pronunciate dai diretti interessati.
Per quanto riguarda la
riunione del 18 aprile 69 a Padova, si tratta di una riunione
clandestina, per cui è pacifico che mancano SIA ricostruzioni
video-fotografiche, SIA verbali o cose tipo “atti del convegno”: sarebbe
paradossale e fantascientifico sperarlo (fosse esistita una simile
documentazione la storia processuale di Piazza Fontana sarebbe stata
diversa…). Ed è vero (l’ho scritto) che Pozzan ritrattò la propria
deposizione.
Però sono altrettanto vere alcune altre considerazioni:
- Per gli attentati della primavera/estate 1969 è stata riconosciuta la responsabilità di Freda e Ventura.
- Il collegamento dei precedenti attentati con quelli successivi (fino a
quelli del 12 dicembre) secondo quello che tecnicamente si dice “un
unico disegno criminoso”, è stato sancito solo con l’istruttoria
Salvini/Pradella. La sentenza conseguente questa istruttoria (parlo del
processo terminato in Cassazione il 3 maggio 2005) riconosce questo
collegamento; tanto è vero che contiene il discorso sulle responsabilità
di Freda e Ventura, seppure non più condannabili, e sul progetto
eversivo nel suo complesso – vedere l’articolo dell’avvocato Sinicato in
appendice a Piazza Fontana.
- Che il progetto eversivo sia
maturato in una serie di riunioni è cosa su cui non mi debbo neanche
soffermare. Di quella del 18 aprile 69 non parlò solo Pozzan. La
circostanza emerge anche negli atti del processo – attualmente in corso –
per la strage di Brescia. Cito, in proposito, dalla requisitoria
inziale dei PM: “Comunque c'è questa riunione, subito dopo,
nell'aprile del 69, a Padova alla quale partecipano non Tramonte, ma
Fachini, Freda, Ventura, Pozzan e Rauti … in questa occasione Rauti
ribadirebbe concetti già espressi a Roma … che Ordine Nuovo deve alzare
la temperatura tramite attentati, devono essere fatte leggi speciali che
portino allo scioglimento delle camere …” (NOTA: il PM sta riportando a braccio una deposizione acquisita nella fase preliminare).
Tutto questo ci autorizza a dire con certezza che quel giorno ci fu una
riunione, e che in quel momento si decise di dare “una spinta
definitiva” alla campagna di attentati, arrivando al 12 dicembre? No. Ci
autorizza a dare una lista degli eventuali partecipanti alla riunione?
Neppure.
Ma nel fumetto la scena è stata contestualizzata
correttamente. Ossia: viene inserita nel momento in cui i magistrati
(che già stavano “puntando” Freda e Ventura e il gruppo che gravitava
attorno ad essi) allargano la propria indagine e vengono a sapere da
Pozzan di questa riunione. L’aver spiegato nelle note che Pozzan
ritrattò la propria deposizione e che non esistono certezze circa
l’identità dei partecipanti mi sembrava un gesto di correttezza, non una
cosa per cui essere criticati.
“Con questo volume abbiamo
assistito, indirettamente, anche alla dimostrazione di quanto il fumetto
di impegno sociale, nonostante l’attuale successo riscontrato in
libreria e l’avvicinamento al genere da parte di altre realtà editoriali
(anche grandi), rischia in realtà di non avere nemmeno una reale
memoria storica di se stesso. Nella bibliografia del volume non si trova
nessun accenno al fumetto “Un Fascio di Bombe” di Castelli, Manara e
Gomboli, datato 1975, commissionato dal Partito Socialista Italiano del
Segretario De Martino, distribuito all’epoca in 600.000 copie e uno
delle prime fonti a sostenere la pista neofascista della strage. Il
volume, esempio di protogiornalismo a fumetti, è stato ristampato
recentemente da Q Press.”
Questa parte richiede una lunga spiegazione.
Mentre lavoravo a Piazza Fontana
mi parlarono del libro di Castelli, Manara e Gomboli (sinceramente non
ricordo se l’accenno mi arrivò da Giannuli o da Zinni). Me ne parlarono
come di una curiosità e, soprattutto, come di un volume introvabile,
essendo stato realizzato per motivi elettorali e diventato poi
indisponibile.
Nella bibliografia abbiamo indicato lavori ancora
facilmente reperibili (ossia: ancora pubblicati o almeno facilmente
consultabili in biblioteca), e a noi (qui parlo anche per Matteo) noti.
In quel momento non sapevo ancora che la Q Press avesse in mente la ristampa (che, peraltro, giudico assolutamente meritoria).
Io e Matteo abbiamo avuto “Un Fascio di Bombe” solo a Cartoomics,
visitando lo stand della Q Press, direttamente da Giuseppe Peruzzo, che
gentilmente ce ne ha fatto omaggio. Subito dopo Matteo ne ha parlato sul suo blog (30 marzo) e io ho pubblicato la notizia su reti-invisibili (sito che coordino), aggiornando la sezione dei libri su Piazza Fontana.
Il fumetto di Castelli, Manara e Gomboli è molto interessante. Non è
completo, ma questo non certo per un difetto degli autori: nel 1975
moltissime cose non erano ancora emerse (tutta l’istruttoria Salvini
parte più di dieci anni dopo).
Tutto questo per spiegare che la
non-citazione nella bibliografia deriva da elementi casuali, non certo
dalla volontà di tacerne l’esistenza. Appena abbiamo potuto io e Matteo
ne abbiamo parlato.
Per quanto riguarda invece l’affermazione di Azad secondo cui “Un Fascio di bombe” sarebbe una “delle prime fonti a sostenere la pista neofascista della strage”:
è un’affermazione palesemente sbagliata. Questa NON è una critica né
agli autori di quel lavoro né a Peruzzo (che giustamente ha ristampato
fedelmente quel libro), ma solo una nota storica.
Nel 1975, infatti:
- era già uscito il libro “La strage di Stato” (1970)
- erano già emerse le dichiarazioni di Lorenzon (già dal dicembre 69,
seppure con fasi altalenanti – nel lavoro mio e di Fenoglio sono
descritte)
- erano stati già incriminati (1972) e rinviati a giudizio (1974) Freda e Ventura.
- Era già emerso il coinvolgimento del SID (Giannettini viene incriminato nel 73)
(tutto questo per citare pochi elementi; ce ne sarebbero molti altri).
Che poi la storia processuale di Piazza Fontana sia stata a dir poco
complessa e intricata è pacifico (di questo, penso possa darmene atto
anche Azad, ho parlato diffusamente nel libro; tanto nel fumetto vero e
proprio quanto negli apparati redazionali). Però NON è vero che la pista
neofascista della strage sia nata solo nel 75 o che gli autori de “Un
Fascio di bombe” siano stati fra i primi a parlarne: il loro fumetto si
innestava su un lavoro che partiva da lontano; sia in campo giudiziario
sia nel campo della cosiddetta (all’epoca) “controinformazione”.
Francesco “baro” Barilli
martedì 20 aprile 2010
lunedì 19 aprile 2010
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