Caro Vittorio,
ti scrivo solo oggi, dopo i tuoi funerali. Forse
perché sono fatto così, un po’ strano. Forse perché più della morte temo
che quelle cerimonie, oltre a consegnare il nostro corpo alla sua
ultima meta, rischino di essere il sigillo dell’oblio. E di una vita
come la tua, al contrario, deve restare qualcosa di sempre attuale e
presente. Specie ora, specie di questi tempi.
Molti altri hanno
scritto di te. Persone che hanno conosciuto direttamente il tuo impegno e
la tua umanità. Ho letto quelle testimonianze con commozione:
aggiungere qualcosa di mio sarebbe inopportuno o retorico. Sia
sufficiente il rimpianto per non averti conosciuto, se non virtualmente.
Voglio aggiungere solo due cose. Non a te, ma a chi anche in occasione
della tua uccisione ha voluto distinguersi con “certi commenti”. Non
voglio neppure elencarli, se non per dire che all’interno vi si potevano
leggere i soliti strali, ormai diventati stereotipi, verso le “anime
belle” e il “buonismo”…
Forse è ora di ricordare che se davvero
esiste il buonismo (concetto che non mi è ben chiaro, ma dovrebbe essere
– secondo quei soggetti – una sorta di bontà ingenua, nella migliore
delle ipotesi, “pelosa” e dannosa) esiste pure il cattivismo: una
cattiveria mai ingenua, sempre meschina. E che esisteranno pure le
“anime belle”, ma anche quelle brutte. E persino quelle schifose.
Molti, fra quelli che invece ti hanno voluto ricordare per quello che
eri davvero, hanno giustamente chiuso il proprio ricordo con quella tua
bellissima frase: “restiamo” umani. “Diventarlo”, per certi personaggi,
sarebbe più opportuno.
Grazie di tutto.
Francesco “baro” Barilli
domenica 24 aprile 2011
sabato 2 aprile 2011
Lettera aperta a Manlio Milani
Lettera aperta a Manlio Milani (presidente Associazione familiari delle
vittime di Piazza della Loggia) dopo la sua partecipazione a
un’iniziativa promossa da Casa Pound
Caro Manlio,
sabato 26 marzo hai partecipato a un incontro organizzato da Casa Pound in un comune del bresciano. La tua presenza è stata duramente criticata dalla rete antifascista locale, che ha chiesto le tue dimissioni.
Sai meglio di me che la strage di Brescia è stata definita nel 1993 dall’allora Giudice Istruttore Gianpaolo Zorzi (semplice omonimia, lo preciso per i lettori non certo per te, con il Delfo Zorzi imputato nell’ultimo procedimento) “quella a più alto tasso di politicità”, per l’essere avvenuta durante una manifestazione organizzata il 28 maggio 74 dal comitato permanente antifascista e dai sindacati. Dunque può essere comprensibile lo sconcerto suscitato da un incontro fra il massimo esponente dei familiari delle vittime e i cosiddetti “fascisti del terzo millennio”.
Conosco lo spessore umano e politico del tuo impegno. So che per altri questo potrebbe aggravare, invece di lenire, lo sconcerto. Forse, passati alcuni giorni dal fatto, si può tentare un’analisi che sia meno viscerale.
Non ti nascondo di ritenere inopportuno legittimare (al di là delle proprie intenzioni, e sulla limpidezza delle tue sono pronto a scommettere) una realtà come Casa Pound. Rispetto la tua disponibilità, o forse dovrei dire coraggio, “nell’affrontare il nemico”, e sono certo che nell’incontro avrai detto ciò che dici sempre. Il punto, semmai, sta nel sapere se davvero “il nemico” abbia la stessa voglia di capire e dialogare. Alcuni a questo proposito citano spesso la Commissione ”verità e riconciliazione” sudafricana, ma proprio quell’esempio dovrebbe far capire che un dialogo, sia pure lacerante e doloroso, deve basarsi su trasparenza e sincerità di entrambe le parti: se sulle tue si può contare, non mi sento di dire altrettanto per Casa Pound.
Premesso questo, a chi non si è limitato a criticarti, ma ha chiesto le tue dimissioni voglio ricordare un aneddoto. Novembre 2002, Delfo Zorzi è in un’aula di tribunale, ma con alcune particolarità: è presente da cittadino giapponese; è parte lesa, non imputato, per un processo per “danno d’immagine” subita; infine, l’aula del tribunale è a Tokyo... Tu prendi un aereo e ti fai Brescia-Tokyo e ritorno solo per vederlo in faccia. Per parlargli, per dirgli di tornare in Italia ad affrontare un altro processo, quello che lo vede imputato per la strage. Zorzi ti risponde con poche parole sull’inaffidabilità dei giudici italiani. Giovanni Maria Bellu sull’Unità del 17 novembre 2010 ha ricordato l’epilogo dell’incontro: uscendo dall'aula pensasti “strano, ho risentito il rumore della bomba”.
Credo che quel botto tu l’abbia risentito anche sabato 26 marzo, dopo aver raccontato nell’iniziativa di Casa Pound, come sempre senza reticenze o ambiguità, la violenza fascista e stragista, le collusioni con apparati statali, l’ennesima sentenza di assoluzione del novembre scorso… E credo che l’aneddoto giapponese sappia spiegare lo spirito con cui ti approcci “all’altro”, anche quando è “un nemico”.
Questo vorrei dire a chi ha chiesto le tue dimissioni. Che conosco il tuo passato, l’impegno che metti da anni nel difendere la memoria storica della strage fascista, la fatica che hai fatto nel batterti, nonostante molte delusioni, per arrivare a un risultato processuale e per tentare che sulla strage non calasse il silenzio. Il tuo è il racconto di chi l’antifascismo lo testimoniava già 37 anni fa in quella piazza a Brescia, pagando un prezzo altissimo. Per questo credo ti sia conquistato un patrimonio di fiducia e credibilità che non può essere demolito da un singolo episodio.
Non so se anch’io mi sono costruito (in questi anni su reti invisibili, lavorando fianco a fianco con i comitati delle vittime, scrivendo di fatti che vanno da Portella della Ginestra a Federico Aldrovandi passando attraverso Piazza Fontana e i fatti di Genova) una certa credibilità come compagno e antifascista. Lo spero… E per questo dico che si possono manifestare critiche verso la tua scelta, ma non si può disconoscere il tuo impegno. Umanamente sarebbe ingiusto, ottuso, crudele. Politicamente sarebbe un errore peggiore di una partecipazione a un dibattito a Casa Pound.
Francesco “baro” Barilli
Caro Manlio,
sabato 26 marzo hai partecipato a un incontro organizzato da Casa Pound in un comune del bresciano. La tua presenza è stata duramente criticata dalla rete antifascista locale, che ha chiesto le tue dimissioni.
Sai meglio di me che la strage di Brescia è stata definita nel 1993 dall’allora Giudice Istruttore Gianpaolo Zorzi (semplice omonimia, lo preciso per i lettori non certo per te, con il Delfo Zorzi imputato nell’ultimo procedimento) “quella a più alto tasso di politicità”, per l’essere avvenuta durante una manifestazione organizzata il 28 maggio 74 dal comitato permanente antifascista e dai sindacati. Dunque può essere comprensibile lo sconcerto suscitato da un incontro fra il massimo esponente dei familiari delle vittime e i cosiddetti “fascisti del terzo millennio”.
Conosco lo spessore umano e politico del tuo impegno. So che per altri questo potrebbe aggravare, invece di lenire, lo sconcerto. Forse, passati alcuni giorni dal fatto, si può tentare un’analisi che sia meno viscerale.
Non ti nascondo di ritenere inopportuno legittimare (al di là delle proprie intenzioni, e sulla limpidezza delle tue sono pronto a scommettere) una realtà come Casa Pound. Rispetto la tua disponibilità, o forse dovrei dire coraggio, “nell’affrontare il nemico”, e sono certo che nell’incontro avrai detto ciò che dici sempre. Il punto, semmai, sta nel sapere se davvero “il nemico” abbia la stessa voglia di capire e dialogare. Alcuni a questo proposito citano spesso la Commissione ”verità e riconciliazione” sudafricana, ma proprio quell’esempio dovrebbe far capire che un dialogo, sia pure lacerante e doloroso, deve basarsi su trasparenza e sincerità di entrambe le parti: se sulle tue si può contare, non mi sento di dire altrettanto per Casa Pound.
Premesso questo, a chi non si è limitato a criticarti, ma ha chiesto le tue dimissioni voglio ricordare un aneddoto. Novembre 2002, Delfo Zorzi è in un’aula di tribunale, ma con alcune particolarità: è presente da cittadino giapponese; è parte lesa, non imputato, per un processo per “danno d’immagine” subita; infine, l’aula del tribunale è a Tokyo... Tu prendi un aereo e ti fai Brescia-Tokyo e ritorno solo per vederlo in faccia. Per parlargli, per dirgli di tornare in Italia ad affrontare un altro processo, quello che lo vede imputato per la strage. Zorzi ti risponde con poche parole sull’inaffidabilità dei giudici italiani. Giovanni Maria Bellu sull’Unità del 17 novembre 2010 ha ricordato l’epilogo dell’incontro: uscendo dall'aula pensasti “strano, ho risentito il rumore della bomba”.
Credo che quel botto tu l’abbia risentito anche sabato 26 marzo, dopo aver raccontato nell’iniziativa di Casa Pound, come sempre senza reticenze o ambiguità, la violenza fascista e stragista, le collusioni con apparati statali, l’ennesima sentenza di assoluzione del novembre scorso… E credo che l’aneddoto giapponese sappia spiegare lo spirito con cui ti approcci “all’altro”, anche quando è “un nemico”.
Questo vorrei dire a chi ha chiesto le tue dimissioni. Che conosco il tuo passato, l’impegno che metti da anni nel difendere la memoria storica della strage fascista, la fatica che hai fatto nel batterti, nonostante molte delusioni, per arrivare a un risultato processuale e per tentare che sulla strage non calasse il silenzio. Il tuo è il racconto di chi l’antifascismo lo testimoniava già 37 anni fa in quella piazza a Brescia, pagando un prezzo altissimo. Per questo credo ti sia conquistato un patrimonio di fiducia e credibilità che non può essere demolito da un singolo episodio.
Non so se anch’io mi sono costruito (in questi anni su reti invisibili, lavorando fianco a fianco con i comitati delle vittime, scrivendo di fatti che vanno da Portella della Ginestra a Federico Aldrovandi passando attraverso Piazza Fontana e i fatti di Genova) una certa credibilità come compagno e antifascista. Lo spero… E per questo dico che si possono manifestare critiche verso la tua scelta, ma non si può disconoscere il tuo impegno. Umanamente sarebbe ingiusto, ottuso, crudele. Politicamente sarebbe un errore peggiore di una partecipazione a un dibattito a Casa Pound.
Francesco “baro” Barilli
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