Lettera aperta a Manlio Milani (presidente Associazione familiari delle
vittime di Piazza della Loggia) dopo la sua partecipazione a
un’iniziativa promossa da Casa Pound
Caro Manlio,
sabato 26
marzo hai partecipato a un incontro organizzato da Casa Pound in un
comune del bresciano. La tua presenza è stata duramente criticata dalla
rete antifascista locale, che ha chiesto le tue dimissioni.
Sai
meglio di me che la strage di Brescia è stata definita nel 1993
dall’allora Giudice Istruttore Gianpaolo Zorzi (semplice omonimia, lo
preciso per i lettori non certo per te, con il Delfo Zorzi imputato
nell’ultimo procedimento) “quella a più alto tasso di politicità”, per
l’essere avvenuta durante una manifestazione organizzata il 28 maggio 74
dal comitato permanente antifascista e dai sindacati. Dunque può essere
comprensibile lo sconcerto suscitato da un incontro fra il massimo
esponente dei familiari delle vittime e i cosiddetti “fascisti del terzo
millennio”.
Conosco lo spessore umano e politico del tuo impegno.
So che per altri questo potrebbe aggravare, invece di lenire, lo
sconcerto. Forse, passati alcuni giorni dal fatto, si può tentare
un’analisi che sia meno viscerale.
Non ti nascondo di ritenere
inopportuno legittimare (al di là delle proprie intenzioni, e sulla
limpidezza delle tue sono pronto a scommettere) una realtà come Casa
Pound. Rispetto la tua disponibilità, o forse dovrei dire coraggio,
“nell’affrontare il nemico”, e sono certo che nell’incontro avrai detto
ciò che dici sempre. Il punto, semmai, sta nel sapere se davvero “il
nemico” abbia la stessa voglia di capire e dialogare. Alcuni a questo
proposito citano spesso la Commissione ”verità e riconciliazione”
sudafricana, ma proprio quell’esempio dovrebbe far capire che un
dialogo, sia pure lacerante e doloroso, deve basarsi su trasparenza e
sincerità di entrambe le parti: se sulle tue si può contare, non mi
sento di dire altrettanto per Casa Pound.
Premesso questo, a chi non
si è limitato a criticarti, ma ha chiesto le tue dimissioni voglio
ricordare un aneddoto. Novembre 2002, Delfo Zorzi è in un’aula di
tribunale, ma con alcune particolarità: è presente da cittadino
giapponese; è parte lesa, non imputato, per un processo per “danno
d’immagine” subita; infine, l’aula del tribunale è a Tokyo... Tu prendi
un aereo e ti fai Brescia-Tokyo e ritorno solo per vederlo in faccia.
Per parlargli, per dirgli di tornare in Italia ad affrontare un altro
processo, quello che lo vede imputato per la strage. Zorzi ti risponde
con poche parole sull’inaffidabilità dei giudici italiani. Giovanni
Maria Bellu sull’Unità del 17 novembre 2010 ha ricordato l’epilogo
dell’incontro: uscendo dall'aula pensasti “strano, ho risentito il
rumore della bomba”.
Credo che quel botto tu l’abbia risentito anche
sabato 26 marzo, dopo aver raccontato nell’iniziativa di Casa Pound,
come sempre senza reticenze o ambiguità, la violenza fascista e
stragista, le collusioni con apparati statali, l’ennesima sentenza di
assoluzione del novembre scorso… E credo che l’aneddoto giapponese
sappia spiegare lo spirito con cui ti approcci “all’altro”, anche quando
è “un nemico”.
Questo vorrei dire a chi ha chiesto le tue
dimissioni. Che conosco il tuo passato, l’impegno che metti da anni nel
difendere la memoria storica della strage fascista, la fatica che hai
fatto nel batterti, nonostante molte delusioni, per arrivare a un
risultato processuale e per tentare che sulla strage non calasse il
silenzio. Il tuo è il racconto di chi l’antifascismo lo testimoniava già
37 anni fa in quella piazza a Brescia, pagando un prezzo altissimo. Per
questo credo ti sia conquistato un patrimonio di fiducia e credibilità
che non può essere demolito da un singolo episodio.
Non so se
anch’io mi sono costruito (in questi anni su reti invisibili, lavorando
fianco a fianco con i comitati delle vittime, scrivendo di fatti che
vanno da Portella della Ginestra a Federico Aldrovandi passando
attraverso Piazza Fontana e i fatti di Genova) una certa credibilità
come compagno e antifascista. Lo spero… E per questo dico che si possono
manifestare critiche verso la tua scelta, ma non si può disconoscere il
tuo impegno. Umanamente sarebbe ingiusto, ottuso, crudele.
Politicamente sarebbe un errore peggiore di una partecipazione a un
dibattito a Casa Pound.
Francesco “baro” Barilli
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