Caro Vittorio,
ti scrivo solo oggi, dopo i tuoi funerali. Forse
perché sono fatto così, un po’ strano. Forse perché più della morte temo
che quelle cerimonie, oltre a consegnare il nostro corpo alla sua
ultima meta, rischino di essere il sigillo dell’oblio. E di una vita
come la tua, al contrario, deve restare qualcosa di sempre attuale e
presente. Specie ora, specie di questi tempi.
Molti altri hanno
scritto di te. Persone che hanno conosciuto direttamente il tuo impegno e
la tua umanità. Ho letto quelle testimonianze con commozione:
aggiungere qualcosa di mio sarebbe inopportuno o retorico. Sia
sufficiente il rimpianto per non averti conosciuto, se non virtualmente.
Voglio aggiungere solo due cose. Non a te, ma a chi anche in occasione
della tua uccisione ha voluto distinguersi con “certi commenti”. Non
voglio neppure elencarli, se non per dire che all’interno vi si potevano
leggere i soliti strali, ormai diventati stereotipi, verso le “anime
belle” e il “buonismo”…
Forse è ora di ricordare che se davvero
esiste il buonismo (concetto che non mi è ben chiaro, ma dovrebbe essere
– secondo quei soggetti – una sorta di bontà ingenua, nella migliore
delle ipotesi, “pelosa” e dannosa) esiste pure il cattivismo: una
cattiveria mai ingenua, sempre meschina. E che esisteranno pure le
“anime belle”, ma anche quelle brutte. E persino quelle schifose.
Molti, fra quelli che invece ti hanno voluto ricordare per quello che
eri davvero, hanno giustamente chiuso il proprio ricordo con quella tua
bellissima frase: “restiamo” umani. “Diventarlo”, per certi personaggi,
sarebbe più opportuno.
Grazie di tutto.
Francesco “baro” Barilli
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