Ieri è cominciato il processo d’appello per la strage di Piazza della Loggia, dopo la sentenza di primo grado del 16 novembre 2010.
Sono imputati: Pino Rauti, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, l'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino e Maurizio Tramonte. Originariamente c’era un sesto imputato, Giovanni Maifredi, ma è deceduto il 3 luglio 2009.
Il rinvio a giudizio è stato frutto della quarta istruttoria sulla strage, condotta dai PM Roberto Di Martino e Francesco Piantoni. Le indagini sono basate essenzialmente sulle dichiarazioni di Carlo Digilio (“tecnico di fiducia” di Ordine Nuovo nel campo degli esplosivi, deceduto il 12 dicembre 2005) e dello stesso Maurizio Tramonte.
In particolare quest’ultimo è stato il cardine dell’impianto accusatorio. Nato nel 1952, nell’autunno 1972 venne attivato come fonte del SID col criptonimo di Tritone. Ha collaborato in questa veste con il Centro Controspionaggio di Padova, a cui ha fornito per mesi molte informazioni sul mondo della destra eversiva. La sua collaborazione ha prodotto un’imponente mole di “veline”. Alcune sono relative a incontri che si sarebbero tenuti presso l’albergo che dirigeva un esponente missino, Giangastone Romani, ad Abano Terme. In uno di questi documenti si accenna esplicitamente alla “… creazione di una nuova organizzazione extraparlamentare di destra che comprenderà parte degli ex militanti di Ordine Nuovo. L’organizzazione sarà strutturata in due tronconi. Uno clandestino … Opererà con la denominazione Ordine Nero sul terreno dell’eversione violenta contro obiettivi che verranno scelti di volta in volta. L’altro palese, il quale si appoggerà a circoli culturali … avrà il compito di sfruttare politicamente le ripercussioni degli attentati operati dal gruppo clandestino”; questa è solo una citazione: sono presenti molti accenni, anche espliciti, alla strage di Piazza della Loggia.
Negli anni ’90 Tramonte ha arricchito le veline con nuove dichiarazioni, attraversando un percorso in cui ha vestito diversi ruoli, da persona informata sui fatti a indagato in reato collegato, fino a indagato – e poi imputato – per la strage. Il 24 maggio 2002 Tramonte ha ritrattato le sue precedenti dichiarazioni, sostenendo che le uniche informazioni credibili da lui rese sarebbero quelle a suo tempo fornite come “fonte Tritone” al Sid, e sostenendo che queste sarebbero relative esclusivamente a notizie apprese de relato. L’interessato ha sostenuto, nel corso del dibattimento in corte d’assise, che le successive dichiarazioni sarebbero state frutto di un disperato bisogno di aiuto e denaro per altri suoi guai giudiziari, nonché del difficile periodo in cui era schiavo di droga e alcol. La ritrattazione è stata ritenuta totalmente inattendibile dalla pubblica accusa.
La sentenza di primo grado ha assolto i 5 imputati ancora in vita: Zorzi, Maggi, Rauti, Tramonte, Delfino. In sostanza la Corte non ha ritenuto credibili né Digilio né Tramonte. Quest’ultimo è stato considerato attendibile solo nelle veline redatte per il Sid nell’immediatezza dei fatti. Tali documenti, ad avviso della Corte, testimonierebbero solo la generica volontà (in primo luogo da parte di Maggi) di costituire un’organizzazione terroristica che il 28 maggio 1974 non sarebbe stata ancora pienamente operativa e in grado di compiere un’azione rilevante come la strage di Brescia.
In occasione dell’appello i pubblici ministeri hanno inoltrato istanza di “rinnovamento parziale dell’istruttoria dibattimentale”. Con questa richiesta Piantoni e Di Martino chiedono che il tribunale d’appello valuti nuovi elementi, non emersi o non sufficientemente emersi nel corso del primo grado. Di seguito sintetizzo i principali.
Dopo molte ricerche sembra essere stato individuato il casolare di Paese in cui erano custoditi esplosivi e armi di Giovanni Ventura, utilizzati innanzitutto per gli attentati della primavera-estate ’69. Di questo rustico aveva parlato Digilio, in special modo durante le indagini su Piazza Fontana. La circostanza, seppure collaterale rispetto alla strage di Brescia, avvalorerebbe comunque la credibilità complessiva di Digilio, considerando che proprio la mancanza di riscontri circa l’esistenza del casolare fu uno degli elementi che fece giudicare inattendibile Digilio per Piazza Fontana. Un giudizio adottato anche dalla sentenza bresciana del 16 novembre 2010, ma che ora potrebbe essere rivisto. Analogamente, sembrano essersi concretizzate le ricerche su un altro rustico "fantasma" e importante: la "casaccia" dalle parti di Mestre dove, sempre nella ricostruzione di Digilio, Zorzi avrebbe consegnato a Soffiati (altro ordinovista veneto) la valigetta con l'esplosivo successivamente utilizzato a Brescia.
Piantoni e Di Martino chiedono di riconvocare i periti del primo processo (quello sul “gruppo Buzzi”) per definire la natura dell’esplosivo utilizzato. Anche questo punto pone l’attenzione sulla credibilità di Digilio, che parlò di esplosivo gelatinoso, in analogia con i periti della prima istruttoria ma diversamente da quanto sostenuto da altri periti nell’ultimo dibattimento.
L’ex maresciallo Fulvio Felli, nel 1974 referente per il Sid a Padova delle informative della “fonte Tritone”, avrebbe confermato la convinzione dei pm circa la falsa datazione delle veline di Tramonte. Molti di questi appunti, infatti, secondo il SID risalivano al luglio ’74 e riporterebbero informazioni riferite dal Tramonte tra giugno e l’inizio luglio. La tesi di Piantoni e Di Martino è che alcune di queste note sarebbero state raccolte prima della strage.
E’ emerso un altro elemento molto suggestivo (ma probabilmente resterà escluso dal processo, riguardando un soggetto minorenne all’epoca dei fatti). Un nuovo pentito dell’area di estrema destra ha parlato di un estremista neofascista veneto, diciassettenne nel ’74, che gli avrebbe confidato d’avere avuto un ruolo operativo in piazza della Loggia.
Inutile dire che, grazie ai nuovi elementi portati dalla pubblica accusa (e un interesse dei media rinnovato e - si spera - meno episodico), il processo d'appello si apre con qualche speranza in più che questa sia davvero l'occasione per ottenere verità e giustizia sulla strage di Brescia...
Qui sotto vedete la prima anticipazione del nuovo lavoro, mio e di Matteo Fenoglio, proprio su piazza della Loggia, di cui parlai tempo fa. Grazie a "Il Fatto" e alla sua giornalista, Valeria Gandus, peraltro autrice di un articolo (sempre su "Il Fatto" di ieri) davvero pregevole.