Okay, ora posso dirlo (anche se qualcosa avevo già anticipato nei mesi
scorsi): per la fiera del fumetto di Lucca, quindi orientativamente per i
primi giorni di novembre, uscirà “Piazza Fontana”, per l’editore Beccogiallo,
nel quarantennale della strage (uno dei fatti più drammatici della
storia repubblicana, vero paradigma della cosiddetta strategia della
tensione).
Sceneggiatura mia
Disegni di Matteo Fenoglio.
Prefazione di Aldo Giannuli
Postfazione di Federico Sinicato (avvocato di parte civile per i familiari delle vittime della strage)
Il fumetto conterrà anche, oltre ai redazionali succitati, una mia
intervista con Fortunato Zinni, Francesca e Paolo Dendena, Carlo
Arnoldi. Francesca e Paolo Dendena e Carlo Arnoldi sono i figli di
Pietro Dendena e Giovanni Arnoldi, morti nella strage. Fortunato Zinni
oggi è sindaco di Bresso. Nel ’69 era assessore al bilancio dello stesso
Comune e funzionario della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Fin dal
giorno della strage è fra i testimoni più attenti ed attivi della
vicenda.
Nei prossimi giorni vedrò di postare qualche tavola di anteprima.
venerdì 18 settembre 2009
domenica 13 settembre 2009
Lettera aperta ad Aldo Giannuli su Berlusconi e il Berlusconismo
Caro Aldo,
ho letto il tuo articolo, “Vogliamo liberarci di Berlusconi? Smettiamo di odiarlo!”. Condivido pienamente le tue considerazioni sulle colpe della sinistra e pure sulla natura tutt’altro che invincibile del Cavaliere come “macchina elettorale” (i dati che hai puntualmente riportato lo dimostrano). Qualche riflessione in più sarebbe forse da fare sulla mutazione di Berlusconi nel suo proporsi agli italiani. Trovo che l’uomo relativamente suadente del 94 si sia trasformato via via col passare del tempo. Il sorridente e rassicurante imbonitore è oggi aggressivo, arcigno, assume tratti davvero Mussoliniani nel muoversi, nell’arringare la folla, nella rozzezza del linguaggio. L’imbonitore si è trasformato in un grande condottiero, ma più che ad Alessandro il Grande assomiglia a Don Chisciotte (senza ispirare la stessa simpatia, e in ogni caso devo ancora decidere a chi eventualmente attribuire, nel contesto, il ruolo di Ronzinante e quello di Sancho Panza). Pure il codazzo di yesmen di cui si è sempre attorniato sembra essersi fatto più adorante e – al tempo stesso – timoroso. Viene il dubbio che se un tempo Berlusconi recitasse la parte del superuomo, oggi sia effettivamente convinto di esserlo.
Tutto questo meriterebbe ben altro approfondimento. Per oggi, accontentati di una “strana” riflessione, a cui mi ha spinto proprio il tuo pezzo.
In questi anni ho scritto molto, ma raramente mi sono occupato di Berlusconi. Non mi ero mai fermato a chiedermi il motivo di questa scelta (a dire il vero non avevo mai pensato fosse “una scelta” – non a livello conscio, almeno – né, quindi potesse essere sostenuta da una motivazione) e il tuo pezzo ha portato a galla, con la domanda, una serie di risposte possibili. Disinteresse verso l’argomento? Snobismo intellettuale? Una sorta di inaspettata maturità che mi ha portato ad anticipare la tua conclusione (consigliandomi un approccio più razionale e meno viscerale verso il berlusconismo)? Sinceramente non so rispondere. Forse un mix delle tre risposte, o nulla di tutto questo.
Condivido la tua considerazione circa la particolare sgradevolezza umana del personaggio e gli effetti che questa specie di “sfeeling” (passami il neologismo) può avere su qualsivoglia analisi del fenomeno Berlusconi. Ma proprio qui, ancora una volta inconsapevolmente, forse trovo la chiave di lettura del “mio” antiberlusconismo: fatico a scrivere “fenomeno Berlusconi”, perché in questo modo credo si attribuisca all’uomo e al suo pensiero una statura che in fondo non possiede.
Mi spiego meglio. Molti vedono nel Cavaliere di Arcore la causa di tutti, o molti, mali italiani. Personalmente credo sia più opportuno indicarlo come l’effetto di quei mali, enfatizzati ed elevati alla massima potenza. Il viveur di Villa Certosa, in altre parole, è un ottimo rappresentante dell’italianità per come questa si è sviluppata dalla Liberazione ad oggi, e forse andrebbe indagato più come modello antropologico che non sul piano sociale e politico.
In fondo per capire cosa sia oggi l’italianità basta pensare a giorni recenti, in cui si celebrano i funerali di Stato per Mike Bongiorno proprio poco dopo che le Istituzioni hanno dimostrato di aver ignorato la scomparsa di Teresa Strada. Sia chiaro: di Bongiorno poco m’importa, alla sua scomparsa partecipo con la pietà che ci insegna l'aforisma di John Donne. Il punto è che, per quanto possa apparire paradossale e riduttivo, se c'è una cosa che può mostrare le condizioni in cui s'è ridotto questo Paese è proprio un confronto fra le reazioni "istituzionali" ai due decessi, pressochè contemporanei.
Possiamo smettere di odiare Berlusconi, ma un po’ di sano disprezzo per cosa è diventato l’italiano medio io lo manterrei. Ma forse qui riaffiora quel tratto nichilista del mio carattere (credevo d’averlo seppellito assieme alla mia gioventù) probabilmente spinto in superficie da un bicchiere di troppo di Vermentino di Sardegna…
Con amicizia
Francesco “baro” Barilli
ho letto il tuo articolo, “Vogliamo liberarci di Berlusconi? Smettiamo di odiarlo!”. Condivido pienamente le tue considerazioni sulle colpe della sinistra e pure sulla natura tutt’altro che invincibile del Cavaliere come “macchina elettorale” (i dati che hai puntualmente riportato lo dimostrano). Qualche riflessione in più sarebbe forse da fare sulla mutazione di Berlusconi nel suo proporsi agli italiani. Trovo che l’uomo relativamente suadente del 94 si sia trasformato via via col passare del tempo. Il sorridente e rassicurante imbonitore è oggi aggressivo, arcigno, assume tratti davvero Mussoliniani nel muoversi, nell’arringare la folla, nella rozzezza del linguaggio. L’imbonitore si è trasformato in un grande condottiero, ma più che ad Alessandro il Grande assomiglia a Don Chisciotte (senza ispirare la stessa simpatia, e in ogni caso devo ancora decidere a chi eventualmente attribuire, nel contesto, il ruolo di Ronzinante e quello di Sancho Panza). Pure il codazzo di yesmen di cui si è sempre attorniato sembra essersi fatto più adorante e – al tempo stesso – timoroso. Viene il dubbio che se un tempo Berlusconi recitasse la parte del superuomo, oggi sia effettivamente convinto di esserlo.
Tutto questo meriterebbe ben altro approfondimento. Per oggi, accontentati di una “strana” riflessione, a cui mi ha spinto proprio il tuo pezzo.
In questi anni ho scritto molto, ma raramente mi sono occupato di Berlusconi. Non mi ero mai fermato a chiedermi il motivo di questa scelta (a dire il vero non avevo mai pensato fosse “una scelta” – non a livello conscio, almeno – né, quindi potesse essere sostenuta da una motivazione) e il tuo pezzo ha portato a galla, con la domanda, una serie di risposte possibili. Disinteresse verso l’argomento? Snobismo intellettuale? Una sorta di inaspettata maturità che mi ha portato ad anticipare la tua conclusione (consigliandomi un approccio più razionale e meno viscerale verso il berlusconismo)? Sinceramente non so rispondere. Forse un mix delle tre risposte, o nulla di tutto questo.
Condivido la tua considerazione circa la particolare sgradevolezza umana del personaggio e gli effetti che questa specie di “sfeeling” (passami il neologismo) può avere su qualsivoglia analisi del fenomeno Berlusconi. Ma proprio qui, ancora una volta inconsapevolmente, forse trovo la chiave di lettura del “mio” antiberlusconismo: fatico a scrivere “fenomeno Berlusconi”, perché in questo modo credo si attribuisca all’uomo e al suo pensiero una statura che in fondo non possiede.
Mi spiego meglio. Molti vedono nel Cavaliere di Arcore la causa di tutti, o molti, mali italiani. Personalmente credo sia più opportuno indicarlo come l’effetto di quei mali, enfatizzati ed elevati alla massima potenza. Il viveur di Villa Certosa, in altre parole, è un ottimo rappresentante dell’italianità per come questa si è sviluppata dalla Liberazione ad oggi, e forse andrebbe indagato più come modello antropologico che non sul piano sociale e politico.
In fondo per capire cosa sia oggi l’italianità basta pensare a giorni recenti, in cui si celebrano i funerali di Stato per Mike Bongiorno proprio poco dopo che le Istituzioni hanno dimostrato di aver ignorato la scomparsa di Teresa Strada. Sia chiaro: di Bongiorno poco m’importa, alla sua scomparsa partecipo con la pietà che ci insegna l'aforisma di John Donne. Il punto è che, per quanto possa apparire paradossale e riduttivo, se c'è una cosa che può mostrare le condizioni in cui s'è ridotto questo Paese è proprio un confronto fra le reazioni "istituzionali" ai due decessi, pressochè contemporanei.
Possiamo smettere di odiare Berlusconi, ma un po’ di sano disprezzo per cosa è diventato l’italiano medio io lo manterrei. Ma forse qui riaffiora quel tratto nichilista del mio carattere (credevo d’averlo seppellito assieme alla mia gioventù) probabilmente spinto in superficie da un bicchiere di troppo di Vermentino di Sardegna…
Con amicizia
Francesco “baro” Barilli
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