Gentile direttore,
per principio, etico prima che professionale, ho sempre evitato di parlare di cose riguardanti il Comune dove lavoro (Pizzighettone). Mi contraddico oggi; un po’ perché i fatti che esporrò non sono problemi su cui l’amministrazione comunale possa intervenire direttamente o possa risolvere, un po’ perché tutti dovrebbero essere a conoscenza di quanto racconterò: alcuni in quanto toccati personalmente, gli altri perché ne potrebbero essere toccati un giorno.
I cittadini che chiedono contributi per l’abbattimento delle barriere architettoniche nelle proprie abitazioni seguono una procedura che a Pizzighettone curo personalmente. In estrema sintesi: domande presentate entro il 28 febbraio; inoltrate telematicamente alla regione entro marzo; in base al fabbisogno complessivo, Milano eroga quanto dovuto a ogni comune, che lo ripartisce ai singoli. Il tutto normalmente si chiude entro un anno dalla domanda: tempi lunghi (ma ragionevoli trattandosi di una procedura complessa), che ultimamente si sono però protratti senza più vedere le somme erogate…
Una nota regionale di fine giugno spiega l’intoppo. In base alle risorse disponibili si decreterà la liquidazione di parte del fabbisogno 2012. Le somme non sono sufficienti per circa un migliaio di cittadini, che almeno per il momento non riceveranno il contributo. La nota chiarisce che le domande insoddisfatte, così come tutte quelle presentate per il 2013 e le successive, resteranno valide ma, cito testualmente, “non è possibile effettuare previsioni in merito alla loro effettiva liquidazione, in quanto al momento non sono previste assegnazioni di bilancio per la loro copertura”.
La nota invitava a dare informazioni di quanto sopra “ai cittadini direttamente interessati al fine di non ingenerare aspettative”, e così correttamente ha fatto il Comune. Ma, gentile direttore, scrivendole mi attengo a tali disposizioni e non ne fornisco un’interpretazione estensiva: tutti siamo “direttamente interessati”; anche chi un giorno potrebbe diventarlo, perché colpito da una patologia o per l’avanzare dell’età.
Un’altra notizia, stavolta estranea al mio lavoro, merita spazio e considerazioni abbinate a quelle fin qui svolte. La manovra finanziaria proposta al Consiglio Regionale si occupa del cosiddetto “buono scuola”. Quello riservato a studenti delle scuole private o “paritarie” dovrebbe passare (condizionale d’obbligo: in questi giorni la manovra dovrebbe essere ratificata, ma non ho notizie definitive in merito) da 33 a 30 milioni; quello destinato alle famiglie di scuole pubbliche scende a 5 milioni. Molti studenti milanesi, purtroppo soli nel denunciare questa scelta, hanno manifestato ieri, col corollario di alcuni scontri con le forze dell’ordine che – sempre purtroppo – sono gli unici fatti che hanno trovato spazio sui giornali. Nel frattempo, sempre più scuole pubbliche chiedono alle famiglie un sostegno economico: tristi segni dei tempi…
Qualcuno potrà obbiettare che parlando di barriere architettoniche e di contributi scolastici ho “mischiato pere e pomi”. Sbagliato: in entrambi i casi parlo di soldi pubblici, versati dai contribuenti di ogni appartenenza politica, e di come vengono spesi. Sapere come vengono spesi è un diritto per i cittadini. Spiegare le scelte adottate sul come utilizzarli (cosa tagliare, cosa mantenere…) è un dovere per i nostri rappresentanti democraticamente eletti.
Francesco Barilli
(pubblicato oggi sul quotidiano Lodigiano "Il Cittadino", col titolo "Contributi e barriere, non mischio pere e pomi")
mercoledì 18 dicembre 2013
giovedì 12 dicembre 2013
Fumetto o graphic novel?
Se fate un giro sul web troverete diversi commenti sull’intervista di Concita De Gregorio a Gipi sul suo ultimo libro (UnaStoria, Cononino – la citazione vale anche come consiglio di lettura: è un lavoro straordinario e toccante). Potete facilmente trovare il video dell’intera trasmissione; oppure potete leggere (qui) lo stralcio che ora m’interessa.
Credo che Gipi con semplicità e schiettezza abbia risposto a De Gegorio. Credo pure sia stato corretto nell’evitare accenti polemici: la giornalista, con la sua uscita sul fumetto “un po’ un genere minore” non mostrava scarso rispetto, ma solo l’oggettiva difficoltà di chi non è “abituato” a queste letture.
La circostanza comunque m’ha fatto sorridere. Nel mio piccolo ho dovuto affrontare spesso domande/dubbi/pregiudizi simili a quelli a cui ha risposto Gianni. “Come mai hai scelto proprio il fumetto per raccontare [inserire qui: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, i fatti di Genova…]?”; oppure: “la scelta del fumetto per raccontare [inserire…] è dovuta alla volontà di avvicinare a questi temi giovani lettori che, altrimenti, sarebbero restii ad informarsi sull’argomento?”.
Anch’io ho sempre risposto cortesemente. Almeno spero: a volte posso essere sembrato “seccato” (sai com’è, alla decima volta che te lo domandano…), ma se sono stato scortese me ne dispiaccio.
Però spesso mi sono domandato se De Andrè abbia mai dovuto replicare a chi gli domandava “scegliere di parlare di [inserire una delle tante tematiche che il grande Faber ha affrontato nei suoi brani] attraverso una canzone è una tua scelta per rendere pù semplice ed accessibile l’argomento?”. Oppure se Picasso abbia dovuto spiegare il suo Guernica (“com’è possibile descrivere l’orrore di un bombardamento con olio su tela, senza neanche una parola?”).
Credo sia sbagliato, in fondo, parlare di “arti”, al plurale. Esiste l’arte, con molteplici modi di declinarla, di esprimerla (di esprimersi). In un’intervista a Carlo Gubitosa dissi “ogni messaggio dipende dal mezzo e va rapportato alle sue potenzialità, ogni forma espressiva è degna, se utilizzata bene, di essere veicolo per qualsiasi contenuto”.
Peccato che il fumetto risenta ancora (almeno da noi, in Italia) di antichi pregiudizi. Proprio l’intervista De Gregorio/Gipi fa pensare che forse qualcosa si sta muovendo, in questo senso.
Francesco “baro” Barilli
Credo che Gipi con semplicità e schiettezza abbia risposto a De Gegorio. Credo pure sia stato corretto nell’evitare accenti polemici: la giornalista, con la sua uscita sul fumetto “un po’ un genere minore” non mostrava scarso rispetto, ma solo l’oggettiva difficoltà di chi non è “abituato” a queste letture.
La circostanza comunque m’ha fatto sorridere. Nel mio piccolo ho dovuto affrontare spesso domande/dubbi/pregiudizi simili a quelli a cui ha risposto Gianni. “Come mai hai scelto proprio il fumetto per raccontare [inserire qui: Piazza Fontana, Piazza della Loggia, i fatti di Genova…]?”; oppure: “la scelta del fumetto per raccontare [inserire…] è dovuta alla volontà di avvicinare a questi temi giovani lettori che, altrimenti, sarebbero restii ad informarsi sull’argomento?”.
Anch’io ho sempre risposto cortesemente. Almeno spero: a volte posso essere sembrato “seccato” (sai com’è, alla decima volta che te lo domandano…), ma se sono stato scortese me ne dispiaccio.
Però spesso mi sono domandato se De Andrè abbia mai dovuto replicare a chi gli domandava “scegliere di parlare di [inserire una delle tante tematiche che il grande Faber ha affrontato nei suoi brani] attraverso una canzone è una tua scelta per rendere pù semplice ed accessibile l’argomento?”. Oppure se Picasso abbia dovuto spiegare il suo Guernica (“com’è possibile descrivere l’orrore di un bombardamento con olio su tela, senza neanche una parola?”).
Credo sia sbagliato, in fondo, parlare di “arti”, al plurale. Esiste l’arte, con molteplici modi di declinarla, di esprimerla (di esprimersi). In un’intervista a Carlo Gubitosa dissi “ogni messaggio dipende dal mezzo e va rapportato alle sue potenzialità, ogni forma espressiva è degna, se utilizzata bene, di essere veicolo per qualsiasi contenuto”.
Peccato che il fumetto risenta ancora (almeno da noi, in Italia) di antichi pregiudizi. Proprio l’intervista De Gregorio/Gipi fa pensare che forse qualcosa si sta muovendo, in questo senso.
Francesco “baro” Barilli
martedì 3 dicembre 2013
Iscriviti a:
Post (Atom)