Dal 2005 a oggi. 12 anni: al tempo stesso, un lampo e un’eternità.
Guarda, questa è la prima riflessione che mi è sorta leggendo (in molti casi rileggendo) i lavori di Gianluca Costantini, pubblicati appunto dal 2005 a oggi e ora raccolti in “Fedele alla linea” (Beccogiallo): 12 anni sono poca cosa, e contemporaneamente un’eternità in cui abbiamo visto cambiare il mondo. Non in meglio.
Gianluca è molte cose. Disegnatore-attivista. Insegnate appassionato. Amico (ma questa è la cosa meno importante, ora). Artista senza la paura di schierarsi (anzi…).
Ha un’altra peculiarità che lo rende unico (o fra i pochi, nel genere “fumetto di realtà”): la velocità di esecuzione. Una velocità solo in minima parte dovuta al segno grafico, vario ed efficace nel suo essere asciutto ed essenziale.
Seguimi, cerco di spiegarmi meglio. Le prerogative del linguaggio-fumetto di solito non consentono immediatezza nell’informazione. Certo, permettono all’autore un maggior margine per fermare le idee e dare agli spunti migliore organicità, ma “stare sulla notizia” pare impossibile. E’ una questione di tempi tecnici, più laboriosi del giornalismo “classico”, scritto o fotografato che sia.
Ricordo quanto scrisse Paolo Interdonato nel suo blog, “Spari di inchiostro”: “Per quel che riguarda i tempi, è assolutamente evidente che chi fa giornalismo a fumetti non può essere sulla notizia e non può permettersi di innestarsi in una puntuale e irrefrenabile macchina informativa, pronta a non “bucare” nessun evento di rilievo. Per il semplice fatto che il tempo necessario per sceneggiare e disegnare un reportage a fumetti è superiore a quello richiesto dalla sola scrittura”. Vero, e io stesso posso testimoniarlo. Ma per Gianluca, invece, fare un fumetto in tempi brevi restando sull’attualità sembra una norma. Ed è un talento, ti accennavo, che ha poco a che fare con l’essenzialità del suo tratto, ma invece risiede – a mio avviso – nella sua intuitività, nella capacità di non essere solo “reporter sul campo”, ma di sentirsi partecipe delle storie che racconta. E, almeno credo, sta nella responsabilità che sente sulle spalle: essere parte attiva di storie che non si limitano a raccontare il male del mondo, ma spingono alla solidarietà, all’empatia, al dovere morale di ribellarsi alle ingiustizie.
Accanto a molte altre storie (“minimali” e magari poco conosciute), in questo libro troverai molte silhouette.
Erdogan grondante sangue.
Vik, che ricorda di restare umani.
L’angosciante sagoma di Trump (o del suo parrucchino…).
Il profilo pulito di Giulio Regeni, che ti interroga e ti invita a non dimenticarlo.
E poi una carta geografica dove cerchiare paesi noti e meno noti, tutti toccati dalla matita di Costantini…
Forse vorresti che ti dicessi quale racconto mi ha maggiormente colpito. Ci sarebbe, ma non lo farò. Perché forse ciò che mi ha colpito maggiormente è quella carta geografica.
Vedi, ti ho detto che Gianluca è molte cose. Ho dimenticato la più importante, che emerge proprio dalla lettura di questa raccolta. E’ un uomo capace di vedere il male del mondo e di conservare, ciò nonostante, amore per l’umanità. In fondo è proprio per questo che “Fedele alla linea” mi emoziona.
Francesco “baro” Barilli