Non una recensione (mi mancano competenza, tempo, voglia), ma un consiglio di lettura sì: leggete “Primo Levi”, di Matteo Mastragostino (testi) e Alessandro Ranghiasci (disegni), da poco uscito per BeccoGiallo.
Non starò a dire perché è importante ricordare Primo Levi. Come scrittore, come testimone di Auschwitz, come uomo. Posso solo dire che probabilmente non avrei scritto nulla se non avessi letto in giovane età “Se questo è un uomo” e “La tregua”. Ricordo ancora, in particolare, alcune pagine de La Tregua, dove lo scrittore piemontese descriveva il dramma del piccolo Hurbinek, un bimbo probabilmente nato nel lager e morto poco dopo la liberazione del campo. “Libero ma non redento. Nulla resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole”: mi si incisero nell’anima.
Capirete, dunque, che già l’approccio narrativo di Matteo (“questo fumetto non è la storia di Primo Levi, una sua biografia, ma è la storia del ‘mio’ Primo Levi”) mi è caro. Matteo, racconta nelle note, ricorda bene la morte dello scrittore piemontese, l’11 aprile 1987, quando lui aveva 10 anni. E dunque, come incipit del proprio fumetto, immagina che il protagonista, poco prima di morire, abbia incontrato i bambini di una scuola elementare, raccontando la propria storia come avrebbe potuto farlo proprio al “giovane Matteo”. E forse, al di là dell’espediente narrativo, la soluzione è efficace anche per fare capire quanto sarebbe importante – oggi che i testimoni diretti dell’Olocausto sono pressochè scomparsi – mantenere viva nelle giovani generazioni la memoria di quell’orrore.
I due autori sono esordienti nel mondo del fumetto, ma il loro è un lavoro più che egregio, al di là del “valore sociale” del libro. I testi sono precisi e incalzanti, i disegni graffiano il cuore: un volume che consiglio a tutti.
Francesco “baro” Barilli