Occuparsi oggi dell’atroce fine di Saidou Gadiaga, senegalese morto a Brescia il 12 dicembre scorso in una cella della caserma dei carabinieri, è un dovere. Anche se farlo mentre il berlusconismo sta crollando può suonare strano: mentre un impero cade, occuparsi d’altro rischia d’apparire paradossale, o quantomeno una concessione al minimalismo. “E i politici han ben altro a cui pensare”, scriverebbe Guccini. Invece, proprio la storia di Saidou ci dice cosa è stato il berlusconismo.
37 anni, a Brescia da 15, Gaidaga non era un criminale. Ma tale era stato fatto diventare grazie al perverso intreccio di normative che, in nome dell’emergenza securitaria, trasforma in criminale chi, come lui, perde il permesso di soggiorno dopo aver perso il lavoro e non ottempera all’ordine d’espulsione. Fermato dai carabinieri locali, è morto nella cella di sicurezza della caserma bresciana, in seguito a un violento attacco d’asma. La versione ufficiale ha raccontato di un malore in cella, di un’ambulanza chiamata tempestivamente e del decesso in ospedale.
Oggi, uno scoop di Repubblica potrebbe portare alla riapertura del caso, frettolosamente archiviato. Gli elementi sollevati, grazie al video della telecamera che riprende le camere di sicurezza, vertono essenzialmente sulla scarsa prontezza dei soccorsi, sui momenti di terribile abbandono in cui viene lasciato il senegalese (mentre ansima in cerca d’aria, aggrappato alla porta della cella prima di accasciarsi), e infine sulle discrepanze rispetto alla versione dei carabinieri: stando all’autopsia l’uomo era già morto all’arrivo dell’ambulanza. Elementi che porterebbero a classificare la morte di Saidou come un ennesimo caso di abuso (o almeno negligenza) da parte delle forze dell’ordine. A rafforzare questo impianto (accusatorio, almeno sul piano morale) c’è pure il ricordo di quanto affermato, pochi giorni dopo la tragedia, dal comandante provinciale dei carabinieri di Brescia: "Ribadisco l'assoluta correttezza e trasparenza dell'Arma, attestata anche da immagini video … che documentano esattamente la dinamica dell'evento e attestano anche l'immediatezza dei soccorsi e il senso di umanità che … ha contraddistinto anche i carabinieri che hanno operato in questa circostanza" (Ansa, 18 dicembre 2010). L’ufficiale giunse a premiare il carabiniere in servizio presso la cella dove il senegalese era detenuto. “Per la sensibilità mostrata”, recita la stessa Ansa; il video di Repubblica racconta un film diverso: più un horror che una pellicola tragica ma sdolcinata e piena di buoni sentimenti.
Che tutto questo ci indigni è naturale. Ma anche fuorviante. Perché, ben prima della scarsa sensibilità dei carabinieri (in questo caso forse parzialmente derubricabile ad impreparazione nell’affrontare lo stato di un detenuto malato d’asma) e delle loro “verità di comodo”, va ricordato che il povero Saidou era un uomo tranquillo, che non aveva commesso reati, se non quello “di clandestinità”, introdotto da chi ha voluto cavalcare e alimentare la paura verso i migranti per costruire un consenso “di pancia”.
Per questo Saidou è stato fermato, per questo è morto. E per questo proprio la sua tragedia ci racconta a quali livelli di barbarie ci ha portato il berlusconismo, antropologicamente prima che politicamente, e dove ancora ci potrà portare, se ci illuderemo di averlo superato semplicemente accantonando Berlusconi.
Francesco “baro” Barilli