Una regola base dell’informazione è che se vuoi scrivere su una data
faccenda devi “stare sul pezzo”, essere tempestivo. Un’altra è: evitare
lunghe premesse, andando subito al sodo. Due regole valide da sempre, ma
che nell’informazione sul web sono addirittura considerate sacre: le
disattenderò entrambe.
Scrivo in ritardo perché quando è uscita “la
faccenda” (tranquilli: tra un po’ spiego tutto… e comunque dal titolo
dovrebbe esservi già chiaro) ero in ferie. Della notizia ho saputo
telefonicamente da un amico.
La lunga premessa, invece, vi arriva un
po’ perché c’è parecchio da dire, un po’ perché saranno necessarie
spiegazioni su “perché” e “come” scrivo questo pezzo, un po’ perché sono
fatto così, punto. Inoltre, vi avverto che per seguire davvero tutto
dovrete fare uno slalom fra links e citazioni che fra poco troverete,
costringendovi a una lettura lunga e complessa (restando forse alla fine
col pensiero che sia io sia voi potevamo usare meglio il nostro tempo).
La “faccenda” consiste in uno “scherzo” di Paolo Interdonato sul suo blog:
un articolo in cui Interdonato ha “inventato” un libro (“Amy Winehouse.
Fatta di musica”) attribuendolo a due autori e un editore reali (Andrea La Provitera, Niccolò Storai, BeccoGiallo).
La burla è in due tempi: prima la “goliardata” (qui); poi il momento in cui si “svela il messaggio” (qui), messaggio che Interdonato stesso sintetizza così: “Ho
recensito un libro che non mi interesserebbe, edito da una casa
editrice che reputo progettualmente agghiacciante, scritto disegnato e
prefato da gente il cui lavoro preferisco ignorare” (rimando ai links precedenti per la lettura integrale).
Se volete approfondire, oltre ai due links succitati potete leggere
diversi interventi (e i relativi commenti degli utenti in ogni blog):
Roberto Recchioni (prima qui e successivamente qui)
Michele Ginevra
Diego Cajelli
Giorgio Messina
(sicuramente qualcuno mi sfugge: ho linkato solo gli interventi che ho visto).
In questi interventi troverete un panorama assai variegato di opinioni.
Alcuni attaccano BeccoGiallo, altri la difendono. C’è chi va dritto al
punto: In sostanza è un attacco a Becco Giallo e ai suoi autori mascherato da scherzo; o ancora: La
"satira" di Spari contiene un giudizio verso Becco Giallo riassumibile
in "sciacallo" e verso gli autori citati. riassumibile in "mercenari
disposti a tutto per un minimo di visibilità".
Altri hanno pareri più articolati, sono interessati a una discussione più ampia e stimolante. Di questi cito Cajelli e Recchioni.
Il primo risponde a Storai: Il
tuo fastidio lo capisco, sia chiaro. Però, secondo me, non è un attacco
verso di te. … E' un "attacco" alla "tua categoria". Per "categoria"
intendo: un disegnatore emergente, con diverse esperienze alle spalle,
impegnato in progetti alternativi. ovvero il disegnatore che di solito
lavora o può lavorare per Becco Giallo.
Recchioni: Il
problema non è che "La Becco Giallo fa i libri sui morti". Il problema,
alle volte (e non sempre perché ci sono ottimi libri nel catalogo Becco
Giallo) è quello che gli autori hanno da dire a riguardo.
(va
da sé che qui sto facendo una sintesi brutale: consiglio di leggere
integralmente gli interventi – vedi links sopra – fra cui quelli di
Cajelli e Recchioni).
Ora scopro subito le mie carte: come
difensore del BeccoG vanto scarsa credibilità per le mie collaborazioni
con loro. Inoltre (lo scrissi già in passato) non posso negare che anche
solo inconsapevolmente il mio rapporto con Guido Ostanel e Federico Zaghis
potrebbe deviare il mio giudizio verso il positivo: son tutte cose che
ammetto per trasparenza. In ogni caso proverò a essere il più obbiettivo
possibile; e riprenderò in parte considerazioni che feci in altri
interventi, ivi comprese cose che ho raccontato poche settimane fa in un’intervista fattami da Carlo Gubitosa.
Come scrittore e mediattivista nasco con i giorni del G8 genovese del
luglio 2001. Poco dopo quei fatti fu un mio caro amico a chiedermi di
scrivere per un sito internet di informazione alternativa da lui creato.
Da lì poi è nato anche reti-invisibili eccetera.
Ciò che ne è seguito è sempre conseguenza del percorso nato a Genova,
ve la faccio breve, la mia bio non credo interessi a nessuno (neanche a
me, dopotutto: ma in quest’occasione è necessaria, a corollario di
quanto dicevo al capoverso precedente).
Lettore di fumetti lo sono
da sempre. Alla fine dei ’90 cominciarono ad apparire in internet i
primi forum di discussione sui comics; in questo ambito fui avvicinato
da Marco Rizzo, che stava lavorando sul suo fumetto su
Ilaria Alpi. Se non sbaglio era il 2007: Marco mi conosceva come
coordinatore di reti-invisibili, sapeva che avevo già intervistato i genitori di Ilaria
e mi chiese di occuparmi dei redazionali. Da qui nacque la mia
conoscenza con Guido e Federico del BeccoGiallo, che negli anni seguenti
mi affidarono la cura di altri apparati: dopo Ilaria Alpi, il prezzo della verità per loro ho seguito Dossier Genova/G8, Il delitto Pasolini, Peppino Impastato, un giullare contro la mafia. Poi sono arrivate le sceneggiature: Piazza Fontana, disegni di Matteo Fenoglio, e Carlo Giuliani, il ribelle di Genova, disegni di Manuel De Carli.
Ho già parlato troppo di me, ma almeno ho chiarito il mio “conflitto
d’interessi” come “difensore” del BeccoGiallo. E veniamo al dunque:
stiamo parlando di un editore “sciacallo” o “pappa cadavere”, tanto da
poter essere chiamato “BecchinoGiallo? Per loro, per i loro autori, “i
personaggi di cui parlano sono SOLTANTO dei morti” (per citare qualche
commento dal blog di Interdonato)? E sulla qualità media dei prodotti
della casa editrice padovana che dire?
Davide Occhicone ricorda una sua recensione di Thyssenkrupp (Di Virgilio – De Carli) in cui, già un paio d’anni fa, affrontava la questione con pacatezza e senso della misura: Le
critiche hanno spesso riguardato la qualita’ delle opere e
l’opportunita’ di occuparsi di determinati argomenti (e solo di quelli)
magari dando l’impressione di voler speculare su eventi luttuosi. La
questione qualita’ … e’ indubbio che, anche solo quella “grafica”, in
alcuni volumi non e’ propriamente eccelsa … Il discorso “opportunita’”
e’ forse ancora piu’ semplice … E’ da finte educande scandalizzarsi o
accusare la Becco Giallo di “approfittare” di tali tragedie (neanche
fossero fonti di chissa’ quali guadagni miliardari…). Come linea
editoriale sara’ vincente o perdente (lo decide il mercato), ma e’
sicuramente legittima; e non e’ il raccontare una storia realmente
avvenuta a rendere un fumetto morboso (o di successo). … Va da se’ …
che le ultime uscite … stanno mostrando, a parziale risposta al primo
gruppo di critiche, anche un discreto salto in avanti per quel che
riguarda la media della qualita’ sia dei testi che dei disegni e,
infine, anche per stampa e qualita’ editoriale.
Preciso: io
non sono un lettore onnivoro del Becco. A parte le cose scritte da me
(o comunque su cui ho collaborato) ho letto anche altra roba loro, ma
non tutto. Alcuni libri mi son piaciuti, altri meno; e sicuramente nel
loro catalogo ci saranno lavori più riusciti, altri meno e ciofeche
pazzesche: è fisiologico che i risultati artistici siano altalenanti; a
mio avviso rientra nei normali rischi di qualsiasi catalogo a cui si
cerchi di dare un’impronta “a tema”.
Ma il punto è che di “instant
book” nella loro lista-uscite non ne ricordo (oddio, forse il recente su
Assange). C’è una scientifica attenzione a far cadere le uscite in
corrispondenza di anniversari, certo. E anche questo mi sembra normale: è
un atteggiamento pragmatico, non lo definirei né sciacallaggio né
cinismo: ormai si tratta di sopravvivenza editoriale, per BeccoG come
per altri. Infatti vorrei mi si spiegasse perché dovrei valutare
diversamente l’operazione di Rizzoli Lizard che
pubblicherà il libro sul decennale dell’11 settembre, con tanto di
corazzata mediatica/pubblicitaria già in azione da giorni (fermi tutti:
so benissimo che in quel lavoro ci saranno Bilal, Mattotti, Spiegelman e
altri grandi nomi che NON sto accusando di sciacallaggio o altro: qui
stiamo parlando dell’approccio di case editrici verso lutti o tragedie e
dello “sfruttamento” – anche commerciale – degli anniversari: in questo
vedo l’analogia). E Carlo Lucarelli era solo il
becchino di Blu Notte? Ci sarebbero molti altri esempi, anche restando
solo nel campo fumettistico. Forse le cose sono un po’ più complesse…
Sia chiaro: non credo che Guido e Federico siano santi o eroi
dell’informazione. Hanno il loro tornaconto dal proprio catalogo?
Certamente sì, altrimenti starebbero già vendendo collanine lungo le vie
di Padova. Ma, come osservava con altre parole Occhicone nel
passaggio che ho citato sopra, non si diventa belli ricchi e famosi
scrivendo di stragi e morti ammazzati. Questo posso confermarlo
personalmente, al di là delle mie collaborazioni con l’editore: da
quando seguo queste vicende e coordino reti-invisibili.net ho conosciuto
i familiari di Fausto e Iaio, il fratello di Impastato, la mamma di
Federico Aldrovandi, i familiari delle stragi di Piazza Fontana, Ustica,
Piazza Della Loggia, Via dei Georgofili, i genitori di Ilaria Alpi, i
ragazzi pestati alla Diaz o i genitori di Carlo Giuliani e altri ancora:
i benefici che ne ho tratto non sono visibili dal conto corrente…
Quando si parla (o scrive) di certi fatti si “gioca” anche sul dolore
di persone vive che ricordano quelle morte, e Guido e Federico lo sanno.
Almeno per quanto riguarda i progetti che ho seguito direttamente posso
testimoniarlo: Il fumetto su Genova di Gloria Bardi e Gabriele Gamberini
era completato da una mia intervista a Enrica Bartesaghi e Lorenzo
Guadagnucci (del Comitato Verità e Giustizia per Genova) e anche in quel
caso il Comitato fu coinvolto nel progetto. Idem dicasi per Peppino
Impastato, con contatti con Salvo Vitale, storico compagno di Peppino, e
col fratello di Peppino (quest’ultimo coinvolto direttamente da Marco
Rizzo). Su Ilaria Alpi ho già detto (e confermo che i genitori di Ilaria
– all’epoca era ancora vivo anche il padre Giorgio – furono soddisfatti
del lavoro). Al fumetto sulla strage di Bologna non collaborai
(all’epoca non conoscevo neppure il BeccoGiallo), ma ricordo che Paolo
Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime di quella strage,
espresse apprezzamento per il lavoro, per il quale scrisse un
intervento. Per i due libri che ho sceneggiato posso dire che fin
dall’inizio io e i miei “compagni di viaggio” (Matteo e Manuel) abbiamo
contattato gli interessati: nel primo caso l’associazione dei familiari
delle vittime di Piazza Fontana, nel secondo i familiari di Carlo
Giuliani.
Intendo dire che, per quanto a mia conoscenza, da
parte del BeccoGiallo c’è stata la doverosa attenzione di contattare
quelle persone che si sarebbero sentite coinvolte (e, in ipotesi,
ferite) dalla trattazione dell’argomento. E questo è tutto fuorchè
sciacallaggio. In Guido e Federico ho conosciuto due persone
appassionate, dotate di spiccata coscienza civile e con un sincero
interessamento verso le tematiche che volevano trattare.
Ma è davvero così difficile concepire che in Italia si possa fare fumetto con un approccio che non sia né il “pop” bonelliano né l’intimismo (scusate il terribile termine: non me ne viene uno migliore…) della Coconino?
Magari parlando di realtà, di storia (italiana e non solo). Magari con
un taglio divulgativo, ma laddove “divulgativo” non ha un’accezione
dispregiativa né è da leggersi in contrasto con “autoriale”…
Non
capisco perché non lo si capisca. E ancor più non comprendo perché
questo “disagio” debba alimentare la tendenza allo “sputtanamento
livoroso” (definizione azzeccata che ho letto in qualche commento del
blog di Interdonato, purtroppo ora non trovo il post per citare
l’autore). Per fare crescere il media fumetto non è necessario
introiettare le peggiori abitudini di altri media (la macchina del fango
non è stata inventata dalla politica).
Resta ancora poco da dire (coraggio, ho quasi finito…). Innanzitutto: solidarietà a La Provitera e Storai,
gli autori coinvolti nella “goliardata” di Interdonato. Non conosco i
due interessati (né loro né i loro lavori, intendo) ciò non toglie che
la solidarietà è sincera (e per fortuna altri – ho visto – gliel’hanno
già espressa).
In secondo luogo: ho visto che nella cover-fake di Amy Winehouse è stata utilizzata come sfondo la cover di Manuel De Carli per Carlo Giuliani, il ribelle di Genova.
Anche in questo caso mi sembra un atteggiamento poco rispettoso, ma
sembra che clonare la cover di Manuel sia uno sport nazionale, di questi
tempi (lo so, sono criptico: Manuel, tu mi hai capito e questo conta…
Si vede che la tua cover è proprio piaciuta…).
Ho scritto quanto
volevo scrivere. Sull’argomento non ci saranno altri miei interventi,
con sollievo di quanti hanno avuto la pazienza di leggere fin qui.
Godete gente: abbiamo finito di perder tempo.
Francesco “baro” Barilli
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