(Qualche precisazione prima di iniziare.
- Già prima del verdetto di cassazione dell’altro giorno m’irritava il sentir parlare di “sentenza politica”. Se penso all’uso politico della giustizia, penso alle assurde accuse ai No Tav, alla “devastazione e saccheggio” che ha “regalato” condanne a dieci e passa anni ai manifestanti per i fatti di Genova… A tante cose, insomma: certamente non al processo per frode fiscale in cui è incappato Berlusconi.
- Detto questo, e al netto di questo, della sentenza su B. m’importava poco prima e poco ora. Al massimo: un sorriso al pensiero di quali sarebbero state le reazioni degli esponenti del PD se il verdetto fosse uscito mentre B. era presidente del consiglio e loro all’opposizione… Non so se davvero la storia sia maestra di vita; sicuramente col sarcasmo non se la cava male…
- Visto che in questi giorni il più è stato detto, mi soffermo su una cosa magari non fondamentale, ma che se non vado errato pochi hanno sottolineato.
Fine delle precisazioni…)
In un paese normale Berlusconi sarebbe arrivato alla sentenza da ex leader. E questo, voglio rimarcarlo, indipendentemente da quello che può essere il giudizio sulla correttezza del verdetto.
Credetemi, sto cercando di fare un discorso molto “laico”, che prescinda qualsiasi valutazione personale sul “personaggio B.”. Quel che intendo dire è che in qualsiasi paese il partito X, avendo il proprio leader Pinco Pallo alle prese con tanti e tali guai giudiziari (e, ripeto, anche dando per buona la convinzione degli esponenti di X che Pinco Pallo sia vittima di una persecuzione giudiziaria) il partito stesso avrebbe aperto da anni una sorta di ristrutturazione interna, inducendo Pinco Pallo al “passo indietro”.
Ecco, forse la sentenza del primo agosto non dice nulla di nuovo, niente che faccia cambiare l’idea che ognuno di noi già aveva di Berlusconi, qualunque essa fosse. Ma svela una volta per tutte che Forza Italia quanto il PdL non sono mai stati “partiti”, ma semplici propaggini degli interessi di una persona. Praticamente società off shore della politica, costituite per via carismatica.
“Vent’anni buttati nel cesso” li spiego così: vent’anni in cui molti hanno creduto di parlare di politica, occupandosi in realtà d’altro: innanzitutto degli affari di un singolo individuo e delle sue aziende. Scopro l’acqua calda, lo so, ma in fondo è significativo che alla fine Berlusconi sia inciampato proprio su un “fatto di soldi” (la frode fiscale): il denaro (il suo…) fin dalla sua “discesa in campo” era l’unica cosa che gli è sempre interessata; l’unica cosa dove lo si poteva davvero ferire.
Il gigantesco imbroglio che ha scambiato l’agenda di B. con quella del Paese ha ingannato forse anche qualche “moderato” che sinceramente credeva nella “rivoluzione liberale”. Poco m’importa della loro delusione oggi e poco mi sarebbe interessata una eventuale “rivoluzione liberale”, anche fosse stata sincera… M’importa più del fatto che, di riflesso, tutti noi abbiamo buttato vent’anni nel cesso, fregati da un uomo che in altri tempi sarebbe stato buono solo per vendere polizze assicurative taroccate.
(Aggiornamento dell’ultima ora. Ho scritto questa riflessione subito dopo la sentenza. Convinto che, almeno, si fosse scritta la parola fine a tutta questa storia. Gli ultimi sviluppi mi fanno capire che mi sbagliavo).
Francesco “baro” Barilli
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