Il Principe aveva lavorato a lungo per preparare la grande festa di quei
giorni. A palazzo erano attesi nobili, condottieri, dame di grande
fascino, e tutto doveva essere perfetto. Li aveva accolti col suo
eloquio colto e tranquillo, un sorriso rassicurante sulle labbra, ma chi
lo conosceva bene poteva vedere nei suoi gesti qualche cenno di
stanchezza. Alcuni sostengono che il Principe fosse sotto pressione
anche per altri motivi. L’Imperatore, così pare, lo aveva prescelto per
compiti più alti, forse addirittura per farne il suo successore. Altri
sostengono fosse stato lo stesso Principe a creare le condizioni
affinchè quella nomina apparisse poco più di un passaggio obbligato. Noi
storici, a tanti anni di distanza, non sappiamo sciogliere questo
dubbio, e possiamo solo registrare le diverse ipotesi.
Anche sulla
piccola tragedia di quel giorno non ci è possibile esprimere certezze.
Poco distante dal palazzo e dalla festa, dove gli invitati si
intrattenevano fra canti, balli e rappresentazioni teatrali, un bambino
di due mesi era morto di freddo. Secondo la sua biografia consolidata,
che ne ha costruito un profilo di alte doti morali e intellettuali, Lui
era sempre attento ai bisogni dei suoi sudditi, e se l’avesse saputo non
sarebbe rimasto insensibile di fronte alla notizia. Avrebbe certamente
fermato la festa e pronunciato qualche parola di sincera commozione, per
poi fare visita alla madre di quel bambino recandole conforto e aiuto.
Alcuni dicono che il Principe fosse stato informato, ma in ritardo.
Altri, che fu il Gran Ciambellano a disporre che quella notizia non lo
turbasse. Per quanto strano possa sembrare a chi si interessa della sua
storia, di sicuro c’è solo che il Principe non disse o fece nulla, e il
fatto passò sotto silenzio per alcuni giorni. Molti storici hanno
letteralmente rimosso questa macchia dalla sua biografia, non si sa se
per sudditanza psicologica o per sciatteria. Fermo restando che quel
silenzio, secondo il profilo del Personaggio, appare difficilmente
spiegabile, noi preferiamo consegnare alla valutazione del lettore anche
questo aneddoto. Lo facciamo perché la Storia è fatta pure di
attenzione a tutto quello che, a una prima analisi, può sembrare
marginale; così è nostro dovere dire di altre fonti, secondo cui le cose
si sarebbero svolte in modo ancor meno edificante. Secondo queste
fonti, nei giorni successivi a quella piccola tragedia, un giullare
improvvisò uno spettacolo in una piazza del Paese.
< Gentili
donne, distinti signori > disse, < oggi il mio cuore è triste.
Perché non sono qui per regalarvi un sorriso, come mi è consueto, e per
un buffone non c’è cosa peggiore della consapevolezza di non poter fare
ciò per cui si sente nato. Ma il mio cuore piange e sanguina persino più
copiosamente per quel che vi devo raccontare. Questo Paese non è quello
che credete, l’isola felice dove a tutti è data felicità e sicurezza
grazie all’instancabile opera del nostro Principe. Un bambino di soli
due mesi è morto di freddo, poche sere fa. Due mesi non sono una vita,
sono un lampo di esistenza troppo breve. Si è addormentato nel suo
giaciglio, e non ha visto il sole sorgere. E non l’ha visto non per
qualche subdola malattia, scherzo crudele della natura che pure dobbiamo
accettare, ma perché la sua giovane famiglia non l’ha potuto difendere
dal freddo, accampata com’era lungo la riva del fiume. Alcuni si
chiederanno cos’abbia detto o fatto il Principe, fra qualche giorno
magari vi racconteranno il suo dolore. Ma la verità è un’altra >.
Un brusio inquieto e incredulo accompagnò quelle parole. Il giullare lo zittì con un cenno della mano.
< Sì, miei concittadini. Avete capito bene. Ma forse la tragedia più
grande è proprio il vostro stupore. Mentre voi non l’immaginate
neppure, esiste una realtà fatta di decine, forse centinaia di famiglie
che vivono lungo il fiume, lontano dai nostri occhi e dai nostri tardivi
rimorsi di coscienza. Occupano tende che noi non useremmo neppure per
una villeggiatura. E questo avviene NON “nonostante” il volere del
Principe, ma “grazie” al suo – e in fondo al nostro – volere. La verità è
che quella famiglia, insieme a molte altre, era stata costretta ad
abbandonare il proprio accampamento, di fortuna ma pur sempre
relativamente sicuro e confortevole, cercandosi un’altra sistemazione
per rispettare un ordine di Palazzo. Il Principe temeva che la festa
(che tanta fatica gli era costata e che poteva costituire benemerenza
presso l’Imperatore) potesse essere turbata alla vista di quei
poveracci. Le cui condizioni d’indigenza, peraltro, in passato li hanno
portati a distinguersi in attività non proprio nobili, che minano –
citando il Gran Ciambellano – “la nostra percezione di sicurezza” >.
Gli scarni documenti a nostra disposizione su quei giorni ci
impediscono, da qui in poi, di proseguire il racconto del giullare, e ci
proiettano ancora nel campo delle possibilità. Secondo alcuni
commentatori, evidentemente sfavorevoli al Principe e che non non
accreditiamo né smentiamo, ma riportiamo col rigore proprio del nostro
compito, quelle parole arrivarono alle orecchie del Gran Ciambellano.
Per un attimo un’ombra velò i suoi occhi azzurri; non per la sorte del
neonato, ma perché sapeva che quelle parole – più ancora della
consapevolezza della tragedia – avrebbero rattristato il Principe.
Alcuni detrattori più radicali sostengono che l’alto ministro temesse
ripercussioni presso l’Imperatore, forse addirittura che si mettesse in
dubbio la successione. Non si sa se per un’iniziativa diretta del Gran
Ciambellano, o se dopo consultazione col Principe, il buffone fu
arrestato e da qui se ne perdono le tracce.
Si dice che pochi giorni
dopo il Principe in persona si sia recato dalla madre della piccola
vittima, portando con sé un sacchetto di monete d’oro e, cosa più
importante, la sua regale solidarietà. Secondo queste voci l’incontro fu
(riportiamo testualmente la fonte) “intenso e commovente. Il Principe è
apparso segnato dall’emozione e, sciogliendo l’abbraccio con la
sventurata madre, aveva gli occhi velati di lacrime”. Si aggiunge, per
dovere di cronaca, che secondo lo stesso documento all’incontro era
presente il Gran Ciambellano, il quale non palesò uguale turbamento; ma
l’autore della testimonianza si distingue per una buona dose di
acrimonia verso il Gran Ciambellano, ricordandolo in altra parte dello
scritto come “un uomo distante dai sentimenti umani, noto ai più per il
suo sguardo gelido da rettile”.
Le cronache non raccontano nulla
circa eventuali reazioni popolari al racconto del giullare e alla sua
incarcerazione, e neppure sappiamo se il Principe ritenne di emanare un
editto per assicurare condizioni di vita più dignitose alle altre
famiglie costrette a vivere all’addiaccio. Formulare supposizioni
esulerebbe dal compito dello storico, che deve solo raccontare i fatti, e
a tale compito ci siamo attenuti. Sappia però il lettore che la nostra
conoscenza di quel periodo ci fa supporre che il solo frutto concreto
della vicenda fu ciò che poté avere quella giovane madre: un sacchetto
di monete, un abbraccio, una lacrima negli occhi del Principe. E lo
sguardo gelido da rettile del Gran Ciambellano, che vedeva in lei solo
un problema risolto.
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Sabato 20 ottobre
2007 un piccolo rom di due mesi è morto di freddo a Roma. Le prime
avvisaglie di un inverno in anticipo l’hanno raggiunto nella tenda dove
era accampato con la sua famiglia, in seguito allo sgombero disposto
poche settimane prima dal sindaco di Roma.
Come lo storico del
racconto, anch’io non so se lo sgombero fosse dovuto alla volontà di
“pulire” Roma in vista della festa del cinema, confinando alla periferia
le presenze “esteticamente incompatibili”, o se gli sgomberi fossero
frutto dell’ormai perenne “campagna sicurezza”; e, come lui, anch’io
consegno al lettore queste ipotesi assieme ad ogni altra possibile, e
neppure m’interessa sapere se il freddo sia stata causa o concausa della
morte del piccolo.
In questo contesto, l’identificazione del
personaggio del Principe, del bimbo morto e della festa di Palazzo,
lascia poco spazio alla fantasia del lettore. Maggiore discrezionalità
esiste nell’identificare il Gran Ciambellano o l’Imperatore, ma poco
importa.
Il coraggioso giullare, purtroppo, non trova riscontro in
alcun personaggio reale: la morte del piccolo cittadino rumeno (perché è
così che lo voglio chiamare, ritenendo superflua ogni parola in più)
non ha provocato analoghi slanci di coscienza. E forse la figura
dell’irriverente buffone è quella di cui maggiormente si sente la
mancanza nella realtà.
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