In questi giorni ho letto “Cuori Rossi” di Cristiano Armati (editore Newton Compton). Il libro è per molti versi simile a quello, in uscita quasi contemporanea, curato da me e Sergio Sinigaglia, “La Piuma e la Montagna”.
La contemporaneità di uscita dei due volumi è totalmente casuale: io e
Sergio non conosciamo Cristiano, non sapevamo che anche lui stava
lavorando sullo stesso argomento (la storia e i sogni di chi ha pagato
con la vita il suo impegno pubblico, in decenni di lotte, conflitti e
grandi fermenti sociali). Tutto questo potrebbe far pensare a una
“rivalità” fra i due lavori. Ebbene, almeno da parte mia, sottolineo
subito di ritenere ottimo il lavoro di Armati, e di credere che i due
libri si completino, trattando tematiche uguali secondo approcci diversi
e quasi complementari.
“Cuori Rossi” è, come si intuisce già dal
titolo, una risposta al “Cuori Neri” di Luca Telese, uscito se non erro
tre anni fa. Un libro storico-documentale, una replica (doverosa,
legittima, comprensibile e condivisibile) all’operazione editoriale del
suddetto Telese.
“La Piuma e la Montagna”, come io e Sinigaglia
spieghiamo nella nostra introduzione, prescinde invece da “Cuori Neri”.
Intenzionalmente io e Sergio abbiamo scelto di trattare i casi
specificati nel nostro libro facendo parlare chi aveva conosciuto
direttamente le persone uccise di cui parliamo nel libro (da Pinelli a
Fausto e Iaio). Abbiamo tentato di far raccontare chi fossero Pinelli,
Serantini eccetera da chi li ha conosciuti e amati, valorizzando non
solo il loro impegno politico e sociale, ma anche il profilo umano, la
storia personale, i sentimenti. Per chi ha accettato di parlare si è
trattato di un viaggio nel tempo su fatti estremamente dolorosi, che
hanno irrimediabilmente cambiato la vita di chi racconta. Ma la scelta
di rievocare momenti così drammatici è stata fatta volentieri, perché è
stata colta la possibilità di valorizzare la memoria dei propri cari,
dei compagni di allora.
Se Cuori Rossi è più cupo e “incazzato”
(termini, sia chiaro, che utilizzo in senso tutt’altro che spregiativo),
“La Piuma e la Montagna” si sforza di essere ”vitale”, seppure questo
aggettivo possa apparire paradossale, visto che parliamo di giovani,
giovanissimi in alcuni casi, uccisi. Dalla introduzione: “abbiamo
cercato di proporre una visione diversa di quegli anni. Lo abbiamo fatto
attraverso la testimonianza di chi ha vissuto una tragedia. Ma i
racconti di questo libro descrivono un’Italia che, al di là degli
eccessi ideologici, fu attraversata da una grande stagione di impegno
civile, ancora prima che politico e sociale”.
Se qualcuno
dunque, trovandosi interessato all’argomento, si chiedesse quale libro
debba scegliere fra i due, personalmente non ho problemi a dire che, pur
essendo co-autore di uno di questi, li consiglio entrambi. Se volete
fare un piccolo sforzo economico, comprateli, non ve ne pentirete e sono
sicuro che non li troverete dei doppioni l’uno dell’altro.
Francesco “baro” Barilli
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