Premetto che, al di là del titolo dell’articolo, questo non è il nuovo
commento, che ho promesso, al libro di Paolo Cucchiarelli. Quel commento
lo scriverò, tranquilli, datemene il tempo. Chi mi conosce sa che non
pratico questa attività come professione principale: anzi, mi dedico
alla scrittura nel tempo libero (le cose cambieranno in futuro? Lo
spero, ma non ci conto molto). Inoltre, problemi personali si aggiungono
in questo periodo a quelli consueti, per cui devo impiegare il mio
tempo in altre faccende (come si può vedere anche dall’ora in cui
scrivo) e nei prossimi giorni andrà pure peggio…
Intervengo, quindi, solo perché sul gruppo su Facebook dedicato
a “Il Segreto di Piazza Fontana” ho visto emergere una questione nuova.
Cucchiarelli segnala di aver chiesto a Liberazione lo spazio per una
sua replica all’articolo firmato da me e Saverio Ferrari apparso sul
quotidiano il 20 giugno, ed evidenzia con amarezza che lo spazio gli è
stato negato.
Intervengo, dunque, esclusivamente su tale argomento con alcune puntualizzazioni.
- L’articolo in questione, come detto apparso il 20 giugno, è una
versione ridotta di quello pubblicato per intero sul mio blog, sul sito
di Saverio, su altri siti internet e pure sul già citato gruppo di
Facebook.
- La decisione di pubblicare sul mio blog la replica
di Paolo è mia, perché ritengo che chi fa questo lavoro (sia per
professione, come Cucchiarelli, sia per sostanziale “hobbysmo”, come me)
abbia il dovere di dare spazio alle critiche, anche severe; basta che
si resti nel limite dell’educazione. Io ho giudicato (con Saverio)
severamente il libro, ed era mio/nostro diritto. Cucchiarelli ha
risposto in modo tagliente ma civile: era suo diritto e mio dovere
dargli spazio (anche perché un blog personale ha obblighi di
“netiquette” diversi da quelli di un sito o di un giornale). Da lì in
poi lo scambio di opinioni è proseguito (e proseguirà) con – credo –
utilità intellettuale per entrambi.
- Non sono stato
minimanmente coinvolto nella scelta di Liberazione di non dare spazio
alla replica di Cucchiarelli. Non sono giornalista, redattore e neppure
collaboratore free lance del giornale. Ne sono un “lettore attivo”; sono
un intellettuale (credetemi, uso questo termine assolutamente senza
pomposità; se non erro è Antonio Tabucchi ad aver definito intellettuale
“chiunque usi la propria intelligenza con metodo”) che a volte invia
dei pezzi, a volte pubblicati a volte no (sta nel gioco). Dunque la
decisione del giornale non mi vede coinvolto e non ne conosco le
motivazioni che la sottendono (le apprendo solo da quanto scrive
Cucchiarelli sul gruppo Facebook). Dico solo una cosa: sul mio piccolo
spazio (questo blog) proseguirò nella mia linea di dare voce alle
repliche di chi la pensa diversamente da me. Verrà magari un momento in
cui ci si accorgerà che l’uno non convince l’altro, fermo restando il
rispetto per l’altrui posizione e l’arricchimento vicendevole che – in
ogni caso – ognuno avrà grazie al contributo opposto. In quel momento la
discussione si fermerà da sé, ma con la consapevolezza che non è stata
inutile.
- Paolo Cucchiarelli suggerisce che io non so che pesci
pigliare e come comportarmi con gli elementi nuovi della sua inchiesta,
relativamente al mio libro su Piazza Fontana. E dice di sperare che io
sia tormentato da mille dubbi. Non la prendo come un’osservazione
negativa, ma non è del tutto vero e devo puntualizzare alcune cose. Ho
sempre ritenuto il dubbio il miglior amico di un pensatore. Non mi fanno
paura i dubbi, ma bensì le certezze granitiche, l’assolutismo, la fede
cieca in una convinzione. In una parola: l’ottusa chiusura “all’altro”.
In realtà, però, il mio libro su Piazza Fontana l’ho pensato fin
dall’inizio come ad una cosa che fonde un livello evocativo con uno –
più in filigrana – fattuale o documentale. Non è una controinchiesta,
per intenderci. Peraltro, ho già spiegato di continuare a non
condividere il succo de “Il segreto di Piazza Fontana”. Ne apprezzo lo
sforzo di ricerca (qua e là ho trovato degli errori anche sul piano
documentale, ma non importanti. Comunque, ne parleremo), continuo a non
condividerne le conclusioni. Che trovo sbagliate (e qui rispondo ad
un’altra velata obiezione di Cucchiarelli) NON perché “inopportune
politicamente” (cosa di cui, in ipotesi, non m’importerebbe nulla) ma,
semplicemente, perché… sbagliate… Ma questo è il piano fattuale su cui,
come dicevo, tornerò un’altra volta, non appena il casino personale di
questi giorni sarà passato (spero…). Tutta questa lunga digressione per
dire “ben vengano i dubbi”, ma il libro di Cucchiarelli in realtà mi
spingerà a rivedere e a supportare meglio l’apparato redazionale che
farà da corollario al libro, non il libro in sé.
- un’altra
curiosità apparsa nel succitato gruppo di Facebook è: sapere quanti e
chi tra i giornalisti di Liberazione, negli anni '70 era nell'Autonomia,
nella sinistra extra-parlamentare, in Potere Operaio, Lotta Continua
eccetera. Non ne ho la più pallida idea e la cosa, in una scala da uno a
dieci, mi interessa “meno 12”. Faccio però ad una riflessione: siccome
spesso si parla di superare le vecchie ideologie, invito tutti a non
pensare che se Tizio (vecchio appartenente al gruppo extraparlamentare
di sinistra “Pincopallino”) scrive o pensa oggi certe cose (questo non
vale solo per Piazza Fontana) lo faccia solo in nome della sua vecchia
appartenenza ideologica che gli darebbe dei paraocchi. Anche nella
cosiddetta sinistra radicale siamo un po’ più evoluti del cane di
Pavlov… Io ad ogni buon conto, ho un pedigree tranquillo: negli anni 70
al massimo giocavo coi mattoncini Lego…
Francesco “baro” Barilli
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