Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in una trasmissione radiofonica sulla
bocciatura della legge contro l’omofobia. Intervenivano persone comuni,
e per questo l’ho seguita incuriosito, cercando di cogliere in quei
pareri il “comune sentire”, ritenendolo più interessante delle
dichiarazioni dei parlamentari che avevo ascoltato precedentemente.
Stranamente, tutti o quasi i pareri erano non solo concordi con la
bocciatura della legge, ma condividevano pure lo stesso tono e le stesse
motivazioni di fondo. Non parevano, cioè, viziati da pregiudizi verso
la comunità lgbt (almeno, non a livello conscio) ma concordavano nel
ritenere sbagliato tutelare una minoranza (nella fattispecie, quella
lesbica/omosessuale/transgender) più di altre. Tutti quei pareri li si
potrebbe sintetizzare in uno, che suona più o meno così: “certo, è
giusto e sacrosanto punire con fermezza gli episodi di violenza
recentemente verificatisi ai danni degli omosessuali, ma senza per
questo individuare per questi fatti aggravanti specifiche. Quei crimini
vanno trattati come fossero ‘normali’ aggressioni, perché altrimenti si
creerebbero disparità verso altre categorie di persone”.
Mi
sembra uno di quei casi in cui l’opinione pubblica è stata sapientemente
indirizzata verso un atteggiamento di rozzo buon senso che, anche
quando in buona fede, nella migliore delle ipotesi è miope e incapace di
vedere la complessità del problema.
Qualche esempio, banale ma
utile proprio per l’elementare semplicità. Se una sinagoga viene
incendiata da un gruppo di nazisti, è difficile vedere nel gesto un
“semplice” – per quanto grave – danneggiamento senza parlare anche di
antisemitismo. Se un gruppo di criminali aggredisce un individuo di
origine africana per il colore della pelle, sarebbe demenziale parlare
di “semplici” lesioni senza parlare di razzismo.
Altro esempio,
persino più banale. Se il signor Mario Rossi, individuo di natura
rissosa e manesca, viene coinvolto in un incidente stradale col signor
Renato Bianchi (omosessuale) e, non sapendosi controllare, appena sceso
dall’auto colpisce con un pugno l’altro conducente, l’aggressione va
sanzionata in via “normale”. Magari ricorrendo alla sola aggravante dei
“futili motivi”, supponendo che il gesto abbia la sua origine nella
brutalità e inciviltà dell’altro automobilista, dovendo immaginare che
l’inclinazione sessuale del Bianchi nulla c’entri con l’incapacità di
Rossi nel controllare la propria rabbia. Ma se l’aggressione fosse
maturata in un altro contesto, e appurassimo che il sig. Rossi si è
avventato contro “l’avversario” solo perché ritiene insopportabile la
sua omosessualità, mi sembrerebbe assurdo non parlare di omofobia.
Credo che a chi sostiene l’incostituzionalità delle norme contro
l’omofobia sfugga una cosa molto importante. La Legge – in generale,
intendo – non ha il solo scopo di individuare casistiche da perseguire
penalmente, bilanciando colpe e punizioni secondo criteri di gravità e
conseguente progressività delle pene. Ha pure un altro compito,
socialmente persino più importante: dare segnali, dimostrarsi in grado
di capire la mutevolezza dei contesti e l’oscillante gravità dei
comportamenti secondo la loro diffusione.
Personalmente, aspiro a un
mondo in cui non sarà più necessario parlare di aggravanti per razzismo
o antisemitismo, perché mi auguro una società in cui tali atteggiamenti
siano totalmente sradicati. Ma fino a quel giorno sarà necessario
appurare se un’eventuale aggressione a un africano sia dovuta anche (o,
peggio, solo) al colore della pelle della vittima, e fino a quel giorno
sarebbe folle eliminare dal nostro ordinamento le aggravanti per motivi
razziali. Analogamente, mi auguro che un giorno una legge sull’omofobia
sia totalmente inutile, perché tutte le inclinazioni sessuali avranno
libera cittadinanza, e vedere due uomini o due donne camminare mano
nella mano sarà “normale” proprio come vedere una coppia formata da
individui di sesso diverso. Ma fino a quel giorno è dovere di ogni
cittadino (indipendentemente da quale che sia il suo personale giudizio
morale sulle sessualità diverse da quella etero) riconoscere che in
Italia l’omofobia esiste, eccome se esiste… Ed esiste non solo alla luce
delle aggressioni recentemente denunciate, ma nello stesso momento in
cui capiamo che camminare mano nella mano, per Mario e Luca, è molto più
pericoloso di quanto non lo sia per Fabrizio e Sabrina. E questo, in un
periodo in cui si (stra)parla di sicurezza dovrebbe far riflettere
anche quelli che (per pregiudizi, chiusura mentale, dogmi morali e
religiosi, o qualsiasi altro motivo) faticano ad accettare
l’omosessualità come una normale e possibile inclinazione della specie
umana.
Francesco “baro” Barilli
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