Domenica 11 luglio è morto Giorgio Alpi, padre di Ilaria, la giornalista
del TG3 uccisa assieme a Miran Hrovatin a Mogadiscio il 20 marzo 1994.
Ho conosciuto Giorgio nel settembre 2003, quando lo intervistai assieme
alla moglie Luciana. Fu lei a farmi notare le immagini che ritraevano
Ilaria in quel soggiorno: erano state scattate da Raffaele Ciriello,
ucciso a Ramallah da militari israeliani il 13 marzo 2002. “Anche per la
sua morte, una morte ‘strana’ e tremenda come quella di Ilaria, non c'è
giustizia...”, disse Giorgio.
Raccontai che, quando avevo cercato
articoli per documentarmi sull’omicidio Alpi/Hrovatin, mi ero imbattuto
in un pezzo pubblicato da Epoca pochi mesi dopo l’omicidio; era firmato
da Maria Grazia Cutuli, a sua volta uccisa in un agguato in Afghanistan
il 19 novembre 2001. Fu ancora Giorgio a dirmi “a proposito della
Cutuli, l'articolo che scrisse pochi mesi dopo parlava di ‘una verità
che non ci sarà mai...’. Mi sembrò strano sentire una cosa del genere
detta da una giovane giornalista che parlava di una sua collega. E
pensare questo a distanza di tempo, quando pensiamo alle ‘verità che non
ci saranno mai’ anche per Ciriello o la Cutuli ci fa davvero un'enorme
impressione...”.
Oggi si può davvero dire che purtroppo Giorgio non
potrà conoscere la verità sulla morte della figlia, ed è per questo che
ripenso a quelle sue parole. E il dolore per la sua morte aumenta, al
pensiero degli ultimi 16 anni in cui lui e Luciana hanno combattuto
nella ricerca di quella giustizia che altri non hanno saputo o voluto
cercare. Può sembrare un frase abusata, ma condivido quanto scritto da
Mariangela Gritta Grainer, portavoce dell’associazione Ilaria Alpi: i
genitori di Ilaria sono stati, e Luciana lo è tuttora, un simbolo di
impegno civile, un esempio per tutti.
Giorgio l’ho sentito l’ultima
volta nel 2007, poco tempo dopo l’uscita di “Ilaria Alpi – il prezzo
della verità”, libro a fumetti di Marco Rizzo e Francesco Ripoli, edito
dalla BeccoGiallo, di cui avevo curato l’apparato redazionale. Era
contento del lavoro. “E’ difficile parlare per chi non c’è più, ma mia
figlia la conoscevo bene, e penso proprio che le sarebbe piaciuto”, mi
disse con emozione. Non lo racconto per autocitazionismo, anche perché
in quel momento ricevevo una gratitudine che andava indirizzata molto
più a Marco e Francesco che non a me. Lo racconto perché quell’episodio,
oltre ad essere uno di quelli che “ti scaldano il cuore”, è
significativo di ciò che è stata la vita e l’impegno di Giorgio negli
ultimi anni. Di come ha vissuto ogni singolo giorno dal 20 marzo 1994.
Della dignità e della fermezza con cui ha affrontato la sua lotta.
Gli rivolgo un ultimo saluto, nella consapevolezza che quella battaglia
non era solo sua e della moglie, ma interesse di tutti quelli per cui
parole come verità e giustizia hanno ancora un valore che va al di là
della vuota retorica. Il migliore messaggio a Luciana, oltre a un
affettuoso abbraccio, è adoperarsi affinchè non resti sola in
quell’impegno.
Francesco “baro” Barilli
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