Stesso discorso per l’anniversario milanese di Fausto e Iaio: mi cospargo il capo di cenere…
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C’è un’altra importante iniziativa che non sono riuscito a comunicare in tempo, ma stavolta posso rimediare: almeno virtualmente potete visitare la mostra organizzata dal laboratorio Lapsus “La strategia della tensione e le stragi impunite (1969-1984)”.
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Passando alle “cose che bollono in pentola” continuo a scoperchiare con attenzione il pentolone dei segreti con una nuova tavola di Manuel De Carli (qui in fondo).
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Segnalo, questa volta esagerando con l’anticipo, che il 10 aprile sarò ancora a Bologna, stavolta per una presentazione di “Piazza Fontana”. Il sito di chi organizza l’iniziativa è questo.
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In tutto questo calderone infilo anche la mia modesta riflessione sul disastro che ha colpito il Giappone e sul nucleare.
Su terremoto e tsunami c’è poco da dire: solo lo sgomento.
Sul nucleare: sono sempre stato contrario, ma la tragedia giapponese dovrebbe insegnare qualcosa. Molto più, intendo, di quanto emerga dalle pur abbondanti cronache di questi giorni.
Innanzitutto, stiamo parlando di un paese che pur essendo attentissimo all’edilizia antisismica (tanto da affrontare con relativa tranquillità scosse che porterebbero la distruzione in altre nazioni) di fronte al pericolo nucleare può solo sperare, pregare e tirare secchiate d’acqua sui reattori di Fukushima.
Sia chiaro: questa NON è una critica al Giappone. Al contrario, quello che ci insegna la vicenda è che l’energia nucleare non è controllabile, almeno col bagaglio di tecniche e conoscenze attualmente a disposizione. Un nucleare sicuro, allo stato, è impossibile.
Mi si potrebbe obbiettare che, analogamente, non è neppure possibile costruire un viadotto, un ponte, un condominio che siano “sicuri al cento per cento”. Possiamo ragionevolmente pensare di alzare gli standard qualitativi, di realizzare edifici o infrastrutture in grado di resistere a sollecitazioni X maggiori di Y, ma la natura non rispetta i nostri standard, per cui la sollecitazione “X+1” sarà sempre possibile, e potrà sempre distruggere la nostra opera e le nostre certezze.
Tutto vero. Ma la distruzione di un ponte (o di un viadotto, un edificio eccetera) è un evento che, per quanto tragico, si chiude in se stesso. Un incidente nucleare, al contrario, non si chiude in se stesso”, non è circoscritto nel tempo o nello spazio, non si limita alle conseguenze dirette delle radiazioni sugli esseri umani…
Per farla breve, a costo di essere brutale: il pianeta in Giappone ha scoreggiato, e a chi si è lamentato ha risposto “sono io il padrone di casa e faccio quello che mi pare”. Non è stato né educato né “democratico”, ma al contrario di noi NON è tenuto ad esserlo. Sarà meglio tenerlo presente per il futuro. Cominciando col 12 giugno…
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