Poche sere fa ho assistito a Codogno all’incontro pubblico con Rita Borsellino. Un incontro da cui tutti, me compreso, siamo usciti arricchiti e rincuorati. Arricchiti per la competenza e lo spessore umano di Rita; rincuorati un po’ ancora per merito della protagonista, capace di trasmettere “voglia di fare” e la propria carica di positività, ma anche per l’inaspettata (almeno per me) risposta della città: la platea era davvero numerosa, così come numerosi e per nulla banali sono stati gli interventi del pubblico. L’unica cosa che non ho condiviso, però, è stata proprio l’invidiabile positività verso il futuro. E lo dico, sia chiaro, con enorme rispetto nei riguardi della signora Borsellino.
Nell’incontro è emerso che la mafia è un fenomeno ormai non circoscritto alle regioni del sud (e questo purtroppo lo sapevamo già) e proprio Rita ha sottolineato trattarsi di una presenza percepibile anche fuori dai confini nazionali. Già considerando questo dato sull’espansione territoriale della mafia (da intendersi qui in un’ampia accezione di criminalità organizzata operante su macro interessi economici) c’è poco da essere ottimisti nel valutare l’evoluzione dei fatti dal 92, quando furono assassinati Falcone e Borsellino, a oggi. Ma è proprio sul perché di questa espansione che si dovrebbe ragionare…
Cominciamo col dire che, come efficacemente sottolineato da Rita l’altra sera, quanto interessa davvero alla mafia è il denaro; la politica le interessa solo nella misura in cui è il vettore che la conduce verso i grandi interessi economici. E aggiungiamo che il panorama globale in questi vent’anni si è caratterizzato per l’affermazione definitiva di un capitalismo globalizzato e finanziarizzato, che ha come scopo principale proprio il veicolare grandi affari a latitudini fino a ieri difficili da raggiungere (tutto questo per sommi capi: un’analisi più articolata sarebbe interessante ma risulterebbe ora dispersiva).
A questo punto può essere utile una sottolineaura: non è mia intenzione dare un’impronta politica a queste riflessioni. Potrei cioè aggiungere che il capitalismo, specie nella forma feroce in cui si è sviluppato su scala globale, crea ingiustizie sociali ed è per propria natura insofferente a controlli “etici”. Ma voglio invece essere più asettico nelle valutazioni; prendiamo dunque per buona la presentazione che il capitalismo dà di se stesso: l’unico modello economico capace di creare benessere e richezza (“il migliore dei mondi possibili”, direbbe il Candido di Voltaire). Ebbene, anche in questa lettura bonaria è comunque la sua natura ad attirare la criminalità organizzata: si tratta di un modello economico che costituisce il perfetto habitat in cui può prosperare l’oscuro intreccio fra economia, politica e malavita organizzata. Credo dunque che il sacrosanto invito di Rita Borsellino ad impegnarci tutti nella lotta alla mafia non possa prescindere da questa considerazione: se non si riesce a rompere il tabù secondo cui al capitalismo non c’è alternativa, sarà impossibile spezzare quell’intreccio, e il nostro impegno resterà lodevole quanto privo di effetti.
Francesco “baro” Barilli
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