Brescia, 28 maggio 1974, ore 10,12. Una bomba infilata in un cestino dei rifiuti provoca una strage durante una manifestazione antifascista in Piazza della Loggia. Muoiono otto persone.
Sono passati 43 anni. E quello che si diceva già nell’immediatezza del fatto (“strage fascista”) ora è una verità giudiziaria definitiva. A tarda sera del 20 giugno, la Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo a carico di Carlo Maria Maggi, indiscusso leader dell'organizzazione neofascista Ordine Nuovo, e di Maurizio Tramonte, ex “fonte Tritone” dei servizi segreti.
Una verità giudiziaria che arrivi a così tanti anni di distanza dal fatto può sembrare depotenziata. Ma, in questo caso, si tratta di un verdetto importantissimo. E’ infatti vero che nelle stragi di quegli anni le responsabilità dell’estremismo “nero” (a cominciare proprio da Ordine Nuovo) sono state accertate da tempo. Già in passato alcune sentenze, frettolosamente vendute come assoluzioni, in realtà riconoscevano queste responsabilità, seppure senza arrivare a condanne personali.
L’ultima sentenza sulla strage di Brescia va però oltre. Maggi rappresenta il vertice decisionale di Ordine Nuovo, mentre la condanna di Tramonte (“fonte” del Sid, soggetto totalmente interno alla destra eversiva, nonché presente sul luogo della strage) esplicita le ambigue connessioni fra i servizi segreti e l’eversione neofascista, certificando i depistaggi che hanno inquinato anni di indagini.
A questo si può aggiungere che già i precedenti gradi di giudizio avevano formulato pesanti considerazioni verso altri soggetti appartenenti a Ordine Nuovo, ormai defunti e quindi non condannabili: innanzitutto l’esperto di armi ed esplosivi, Carlo Digilio, e l’altro ordinovista veneto, Marcello Soffiati. Ma condannare Maggi (come detto: vertice decisionale di ON nel Nordest) scrive una parola definitiva sulla strage, ideata e realizzata da forze eversive neofasciste e “coperta” dai servizi segreti dell’epoca.
Quella di ieri è, quindi, una sentenza fondamentale, in un Paese che soffre di una memoria vaga e distorta, dove le stragi “nere”, da Piazza Fontana in poi, le si preferisce confinare nel comodo cassetto dei “misteri d’Italia”, dove le responsabilità della destra eversiva sembravano confinate alla sola dimensione storica o giornalistica, dove Pino Rauti (che di ON fu il “padre”, perlomeno nella prima fase della formazione stessa) viene ricordato come “intellettuale di grande spessore”, dove Giorgio Almirante è indicato come possibile riferimento culturale per un Movimento che si vorrebbe “né di destra né di sinistra”… Ma è importante, innanzitutto, perché rende giustizia alle vittime di Piazza della Loggia, che è giusto qui ricordare: Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Clementina Calzari Trebeschi, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi e Vittorio Zambarda.
Francesco “baro” Barilli
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