E’ morta questa mattina Francesca Dendena, storica rappresentante
dell’associazione vittime della strage di Piazza Fontana. Aveva perso il
padre, Pietro, nella “madre di tutte le stragi”, snodo cruciale della
strategia della tensione. Il 12 dicembre 69 Francesca era
un’adolescente, ma da allora e per i quarant’anni successivi si è
distinta per lucidità e determinazione nella battaglia di verità e
giustizia.
L’avevo incontrata nel marzo 2009, a casa sua. Era già ammalata, ma combattiva come sempre. “Devo
partire da un aneddoto di quarant’anni fa, quando andammo a recuperare
la macchina di mio padre. Già allora incontrammo alcuni giornalisti e a
me – forse per esuberanza giovanile – venne spontaneo dire: mai più… Una
cosa del genere non dovrà più succedere. E io, dicevo a me stessa,
avrei dovuto impegnarmi affinché un’esperienza così terribile non
dovesse capitare ad altri”.
Quel giorno dovevo intervistarla
per il libro che stavo curando con Matteo Fenoglio sulla strage, che
sarebbe uscito pochi mesi dopo (“Piazza Fontana”, ed. BeccoGiallo). Le
avevo fatto leggere la prima bozza della sceneggiatura, e nel fumetto
aveva notato una citazione dell’intervista che mi aveva concesso nel
2005, a pochi giorni dalla sentenza “tombale” della Cassazione (un
verdetto che, pur riconoscendo le responsabilità della destra eversiva,
aveva mandato assolti gli imputati). Proprio la vicinanza temporale a
quella sentenza aveva portato Franca a parole amare: “Se penso a
questo, al dolore dei parenti delle vittime, a tutte le battaglie fatte
per avere giustizia, viene spontaneo dire: hanno vinto loro, quelli che
hanno voluto le stragi…”. Nel marzo 2009, rileggendo quelle parole, aveva commentato: “dovevo essere proprio demoralizzata, in quel periodo!”.
Entrambi gli aneddoti possono far capire il temperamento e il livello
di impegno civile di Franca. Quella battaglia di verità e giustizia, per
lei, trascendeva il livello personale e la sentiva un dovere civile.
Inoltre, considerava quello sfogo amaro non del tutto veritiero: “noi
non ci siamo mai fermati. Ed abbiamo continuato a chiedere risposte,
anche e soprattutto a quelle istituzioni da cui ci sentivamo delusi. …
Credo che se certi risultati li abbiamo ottenuti lo dobbiamo proprio
alla caparbietà di chi non si è mai arreso, anche continuando a chiedere
risposte alle istituzioni. Risultati incompleti, certo, ma da non
sottovalutare. … Recentemente ci siamo costituiti formalmente anche in
un’associazione nostra: ‘Piazza Fontana 12 dicembre 1969. Centro studi e
iniziative sulle stragi politiche degli anni ‘70’. Abbiamo deciso che
dopo la sentenza questo sarà il nostro compito: continuare a raccontare
la storia del 12 dicembre, innanzitutto nelle scuole… Tutto questo per
far sì che nulla di questa vicenda venga distorto, per far sì che non ci
sia più nessuno che dimentichi che questo è stato un Paese dove le
stragi di cittadini innocenti sono state un mezzo usato per indirizzare
la politica. Abbiamo deciso di farlo solo ora, e può sembrare strano, a
quarant’anni dai fatti. In realtà abbiamo pensato che questo può essere
lo strumento più adatto per proseguire nel nostro compito, che è anche
una sorta di passaggio del testimone della memoria alle prossime
generazioni”.
Mi piace chiudere questo ricordo proprio con
quella sua frase sul “passaggio del testimone”, ancora più significativa
oggi, dopo la scomparsa di Franca.
Le rivolgo un ultimo saluto,
consapevole che la sua battaglia deve continuare proprio perché
interesse di tutti. Il migliore messaggio ai suoi familiari (e a tutti i
componenti dell’associazione) oltre a un affettuoso abbraccio è
assicurare che da parte nostra non resteranno soli in quell’impegno.
Francesco “baro” Barilli
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