Direi che sul referendum ci siamo sfrucugliati i babbagigi già abbastanza (io di sicuro). Quindi la farò breve. Anzi no: nel pezzo troverete alcuni incisi fra parentesi quadre per i “lettori totali”. I distratti possono saltarli.
Ero inizialmente orientato all’astensione, ma alla fine voterò no.
L’ammetto: la pessima qualità della propaganda referendaria e i suoi toni apocalittici, con corollario di pessime compagnie con cui mi sarei trovato in entrambi i casi, favoriva l’astensione. Un effetto, quello delle pessime compagnie, amplificato in questo caso dall’oscena (per me) campagna di reclutamento di testimonial. Mancava giusto Tinky Winky.
Non credo che la riforma sia davvero scandalosa o determini una svolta autoritaria. E’ più corretto dire che tende a favorire un accentramento dei poteri nell’esecutivo, in nome di una stabilità e di un decisionismo che ormai, piaccia o meno, sono desiderio di gran parte dei cittadini. Cittadini che (ripeto: in gran parte) hanno accettato la sconfitta della democrazia intesa come “partecipazione”. La questione (ossia: l’abdicazione della democrazia a quelli che oggi sono i veri centri di potere, innanzitutto finanziari) è ormai un dato di fatto. Da combattere, certo, ma nella consapevolezza che si potrà invertire la tendenza solo in tempi lunghi (generazionali, intendo).
[La democrazia è moribonda. Ciò che chiamiamo democrazia è il puzzo che si leva dal suo corpo in decomposizione. La riforma costituzionale non favorirebbe, dunque, la svolta decisionista, ma si limiterebbe a certificare nella forma ciò che è già consolidato nella sostanza, dandole una patente di legittimità (che non è comunque cosa da poco, direte voi: concordo; l’importante è riconoscere la reale portata di ciò di cui si sta discutendo)]
Per decidere per il no mi è bastato leggermi alcuni articoli nella versione modificata. In particolare il 70.
[Aggiungo: da anarchico guardo con rispetto al voto – inteso come “istituzione” – e di solito (l’ho già spiegato, lo so, ma adesso sono negli incisi per i “lettori totali”) voto comunque. Non ho particolare interesse a chi occupa i palazzi del potere, da cui mi tengo volentieri alla larga, ma se riesco a spedirci qualcuno su cui si possa contare per certe istanze sociali è meglio, tutto qui.
Ma la difesa della Costituzione è più importante, osserverete. Sacrosanto, non fosse che proprio i suoi principi fondamentali sono da tempo calpestati. Del diritto al lavoro è stato fatto scempio, di fatto prima ancora che di diritto. Idem per il ripudio della guerra (unico principio su cui, a dire il vero, ogni tanto si è levata una qualche opposizione sociale). Il compito della Repubblica di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…” non risulta pervenuto. Parlare di scuole private senza oneri per lo Stato è una barzelletta. E potrei proseguire. Ma torniamo all’art. 70…]
… Preciso che qui NON sto parlando da scrittore, e neppure (o non solo) da uomo di sinistra. Come alcuni di voi sanno, nella mia vita “normale” sono un dipendente comunale, per cui ho a che fare ogni giorno con leggi, regolamenti e affini. E negli ultimi tempi convivo con il virus della – presunta – semplificazione, che rende le norme sempre più illeggibili, interpretabili solo da un oracolo, difficilmente applicabili. Un virus che va a braccetto con quello, altrettanto pericoloso, dei facili slogan secondo cui quella nuova norma sarebbe stata scritta proprio per semplificare una data materia. Insomma: non so chi abbia scritto il nuovo art. 70, ma doveva aver fumato o bevuto roba buona, paragonabile a quella assunta da me quando in un bar giravo con un cappello da cowboy sostenendo di scrivere meglio di Kafka.
[Altre questioni sarebbero da discutere, lo so. I costi della politica; il risultato combinato fra riforma e legge elettorale; l’abuso dei decreti legge che la riforma dice di voler combattere, ma che nella realtà si limita a regolamentare blandamente (di fatto istituzionalizzandolo); il bicameralismo che attualmente rallenterebbe l’approvazione delle leggi, quando in realtà, specie sulle materie che m’interessano – e che ora non elencherò, tanto le potete immaginare – le leggi frenano, o non partono neppure, per incapacità o scarsa volontà della politica, ormai ostaggio di potentati economici (a volta travestiti da “questioni etiche”). Ma altri hanno già svolto questo compito meglio di quanto potrei fare]
Quindi. Se votate, fatelo leggendovi prima la riforma. Non occupatevi di cosa vota Tizio o Caio. E neppure di cosa voterebbero Sempronio e Tullio Ostilio fossero vivi. Nemmeno Pertini o Berlinguer. E neppure Tinky Winky, che pure mi ha confidato la sua preferenza.
Francesco “baro” Barilli
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