Ancora oggi benpensanti e moralisti continuano a squadrarmi in modo
sinistro, quando non mi minacciano con lo spettro di maledizioni divine
che francamente non mi danno alcuna emozione. Stupidi! Non si rendono
conto che nessuna punizione può essere superiore a quella che già
subisco in questa vita. La fratellanza con la morte è un legame che
pesa, lega, segna... Nessun ripensamento può reciderlo, ed induce a
confrontarsi costantemente col vuoto delle conoscenze umane sulla vita,
disilludendo alla fine chi pensa che proprio quel legame consenta di
risolverne il mistero.
- E’ un problema di coscienza -, dicono.
- L’uomo non si può sostituire a Dio -.
Buffa cosa, la coscienza, buffa travestita da seria; basta poco per
farla tacere. E buffa cosa è Dio, ciclicamente tirato fuori dai
cassetti impolverati della memoria. Oggi si torna a parlarne ed io sono
contento di questo: nonostante sia oggetto di anatemi fatti in suo nome
le mie uniche, timide speranze per questa società le ripongo nel ritorno
di una dimensione spirituale, non certo nel fumoso e spocchioso
filosofeggiare degli uomini.
I moralisti ed i progressisti in
realtà sono solo presuntuosi e molto miopi. Si chiedono se sia legittimo
che un uomo possa decidere della vita di un altro, ma sbattere lo
stesso individuo in galera per vent’anni lo trovano normale, più che
normale!, l’esercizio di un diritto pienamente naturale. L’autorità di
stabilire per quanto tempo sottrarre ad un uomo affetti familiari,
libertà e felicità sembra non aver bisogno di alcun benestare divino.
Evidentemente per loro la sacralità della vita si limita a ciò che
non sappiamo spiegare, che pure è prerogativa comune anche agli altri
animali: il cuore che pulsa, il sangue che circola, i polmoni che
pompano aria. Il resto no, il resto non è sacro. Quello che non possiamo
rappresentare, far sentire o definire sinteticamente,... il nostro
“essere uomini” insomma, non è sacro. Possiamo imporre solitudine e
comminare infelicità, ma dare la morte compete a Dio.
E’ mio
parere che di questi pensatori si possa fare a meno, ma vedo che loro
credono davvero in quel che predicano, e si ritengono uomini saggi,
filosofi, innovatori del comune pensiero. Lo dico con tutta franchezza,
senza il benchè minimo spirito polemico: un buon idraulico è più utile
alla collettività di tutti questi pensatori. Le loro occhiatacce mi
lasciano del tutto indifferente, non ho certo paura: sono arrivato ormai
così vicino al Mistero da toccarlo, e non mi preoccupano certo dei
buffi anatemi.
Più delle maledizioni divine temo il rimorso.
Quello salta fuori quando meno te l’aspetti e senza apparenti motivi,
ma fino ad oggi quando guardo le mie mani vedo mani colpevoli, ma che
non hanno mai tremato.
Fine
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