Questa riflessione non pensavo neppure di pubblicarla. Specie per come è
nata: una serie di tasselli che vanno a comporre un mosaico, il cui
disegno va via via definendosi… Oppure (meglio…) come un domino, dove la
caduta del primo tassello porta ad una cascata di conseguenze
inarrestabili.
Grazie a proficue chiacchierate con amici e alla partecipazione al blog di Emo,
quel mosaico è andato arricchendosi (o, se preferite, il disegno delle
tessere del domino si sta facendo più chiaro): forse è il caso di dare a
quella riflessione una veste un po’ più completa.
Innanzitutto, un po’ di ordine, con i fatti degli ultimi giorni:
- un mediattivista mi scrive parlandomi della chiusura o agonia di due siti di informazione alternativa;
- uno scrittore (a me molto caro - umanamente, intendo) al telefono mi
dice che tra gli iscritti a Rifondazione dalle sue parti la disillusione
è sempre più palpabile (e si riflette in un calo di iscritti... ma non è
quello il problema...);
- mi comunicano problemi interni ad un'associazione che gravita attorno a reti-invisibili;
- un giornalista mi dice che i giornali di sinistra navigano in cattive
acque (non è una novità) e che pure sul piano dell’informazione
alternativa non ce la si passa molto meglio;
- mi comunicano quest’altra bella notizia.
Sono stato generico, lo so, ma spero comprenderete la mia volontà di
rispettare la discrezione di coloro che mi hanno reso partecipe delle
loro confidenze. E, soprattutto, spero capiate che il problema NON sta
in “chi” mi ha detto “cosa”, né nella somma degli episodi che vagamente
ho riportato qui sopra.
Il discorso è che c’è da essere pessimisti
sullo stato di salute in generale del mondo che "gravita a sinistra"
(sia per quanto concerne - per così dire - le istituzioni o i partiti,
sia per quel che concerne l'informazione - classica o alternativa che
sia, sia per quel che attiene le realtà “di movimento”). Questo per
mille motivi, probabilmente più rilevanti di quello che vado a
descrivervi io, che in sintesi consiste in una disaggregazione di quella
“unità di intenti pur nella diversità”, un’unità che aveva
caratterizzato il movimento tempo addietro, e che si era visto
soprattutto nelle pur drammatiche giornate genovesi del luglio 2001.
Ripeto: molti analisti probabilmente non concorderebbero con me in
questa valutazione. Altri rovescerebbero il rapporto causa-effetto. Ma a
mio avviso, invece, questo problema sociale sta a monte (e non a valle)
degli altri mille problemi.
Paul Eluard ha scritto:
Ci sono parole che fan vivere
E sono parole innocenti
La parola calore la parola fiducia
Giustizia amore e la parola libertà
La parola figlio e la parola gentilezza
Certi nomi di fiori certi nomi di frutti
La parola coraggio la parola scoprire
E la parola fratello e la parola compagno
I poeti hanno questa capacità di sintetizzare un concetto in poche
parole che ti arrivano al cuore. Ma quelle parole non dovrebbero restare
solo un’immagine affascinante da riscoprire quando ci sentiamo
smarriti, ma indirizzare (se ci crediamo) il nostro vivere quotidiano.
Altri avevano sintetizzato quei versi in “Ci sono delle parole per cui vale la pena vivere: una di queste è compagno”.
Anche in questa versione sintetica possiamo leggere innanzitutto un
invito all’unità, al superare le differenze, al ricordarsi che la difesa
di un certo patrimonio culturale e di valori in cui crediamo dovrebbe
essere più importante della ricerca di “distinguo”, spesso dettati da
personalismi, da ambizioni, da capziose ricerche identitarie.
Leggete “Una vita in prima linea” di Sergio Segio:
scoprirete che anche nel 68 o nel 77, i movimenti nati in quegli anni
vissero lo stesso problema essenziale: non saper resistere a spinte
centrifughe. Non voglio con questo disegnare scenari foschi (tutti
sappiamo che piega presero gli eventi dopo il fallimento del 68 e del
77, al di là della complicata matassa delle diverse esperienze
individuali dipanatesi da quegli anni). Inoltre, la "caduta" dei
movimenti del 68 e del 77 non dipese certo SOLO da quei fenomeni di
disaggregazione (migliori approfondimenti potete trovarli sempre nel
libro di Segio).
Non mi sono accorto ora che l'onda lunga di Genova
si era fermata da un po', per carità. Ma non credevo stessimo già
vivendo addirittura il riflusso. Anche perchè le fasi successive (se è
vero che la storia si ripete) temo consistano nel solito strascico
perverso che porta con sé ogni fallimento. La ricerca delle colpe, il
rinnegare o dimenticare anche le cose positive fatte…
Credetemi: mai come in questo caso ho sperato di aver sbagliato totalmente la valutazione.
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